È iniziato martedì da Venezia il tour estivo del Premio Campiello 2016, 13 tappe che fra giugno e luglio porteranno i 5 scrittori finalisti, Luca Doninelli con Le cose semplici (Bompiani), Andrea Tarabbia con Il giardino delle mosche (Ponte alle grazie), Simona Vinci con La prima verità (Einaudi), Elisabetta Rasy con Le regole del fuoco (Rizzoli) e Alessandro Bertante con Gli ultimi ragazzi del secolo (Giunti), in giro per l’Italia, da Cortina d’Ampezzo a Catania. Noi li abbiamo incontrati prima della presentazione ed ecco cosa ci hanno raccontato.

Luca Doninelli, Le cose semplici, Bompiani

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Si ricorda il momento in cui le è venuta l’idea per questo libro?

Non mi è mai venuta in mente. Ho pensato a un certo punto, tanti anni fa, che volevo fare una cosa un po’ più ampia, come un’attraversata. Uno ha bisogno di fare un’attraversata, di non continuare a navigare a vista. Quindi decisi di prendermi tutti i rischi che dovevo prendermi se volevo chiamarmi scrittore, non stare sul sicuro, non navigare in acque sicure… Dopo un po’ di tempo è venuta fuori la storia, che non è in sé la cosa principale, ma qualcosa che ti dà la possibilità di metterti tutto in gioco. La bontà di una storia dipende anche da questo, dal fatto che ti spinge, ti obbliga a metterti in gioco completamente. Se vedi che non lo stai facendo, che stai facendo il furbo, che stai giocando, vuol dire che la storia non c’è o che tu non sei capace di giocarci. Distinguere una buona storia da una storia fasulla non è facile.

Le cose sempliciChe libri sta leggendo, oltre a quelli degli altri finalisti del premio Campiello?

A dire la verità, non ho ancora letto i libri degli altri concorrenti, e non sono dei miei concorrenti, sono delle persone come me che hanno scritto dei libri, e poi ci sarà una giuria che deciderà quello che piace di più. Io in questo momento sto leggendo una raccolta di saggi di Jacques Derrida, perché io sono filosofo di formazione, e da tanto tempo leggo un romanzo e tre saggi. L’ultimo romanzo bello che ho letto è della casa editrice Calabuig, si intitola A metà dell’orizzonte, di un autore svizzero-francese che non conoscevo, Roland Buti. Un libro molto interessante, ve lo consiglio.

Elisabetta Rasy, Le regole del fuoco, Rizzoli

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Si ricorda il momento in cui le è venuta l’idea per questo libro?

Le idee di un libro non vengono mai in un momento preciso in cui si accende una lampadina, crescono nella mente un po’ per volta. Ho cominciato a pensare a questa storia quando si sono annunciati gli eventi per il centenario della prima guerra mondiale. Lì mi sono venuti un po’ di ricordi di una mia nonna che mi parlava sempre di storie di questa guerra, poi altre storie che avevo sentito da bambina, poi io sono una lettrice di scritture femminili e mi sono molto appassionata alla lettura dei diari delle infermiere durante la prima guerra mondiale e ho pensato che sarebbe stato interessante ragionare su una storia al femminile durante la guerra. E così mi sono venute in mente queste due ragazze che sono le protagoniste di Le regole del fuoco. Maria Rosa, questa ragazza napoletana che, penso come molte infermiere dell’epoca, va a lavorare in un ospedale al fronte come crocerossina perché vuole andarsene da casa, perché sente che l’ambiente familiare, e in particolare sua madre, è molto opprimente. Le regole del fuocoSente questo futuro esclusivamente matrimoniale che le si apre davanti come qualcosa che non le piace, che non la soddisfa. L’unico modo per andarsene da casa è fare l’infermiera in un ospedale durante la guerra. E lì incontra una ragazza che, a differenza di lei che è una ragazza di buona famiglia, agiata, un po’ viziata, viene dalla piccola borghesia lombarda e va in guerra perché vuole mettersi alla prova perché ha un obiettivo: diventare medico. Le facoltà universitarie di medicina proprio all’inizio del Novecento si stanno aprendo alle donne e lei vuole capire, e dimostrare anche a suo padre, che ce la fa a confrontarsi con il dolore, con la sofferenza, con la fatica. Le due ragazze si incontrano e dopo una iniziale difficoltà a intendersi, perché molto diverse, nascerà fra loro un sentimento molto forte che cambierà il destino di Maria Rosa.

Che libri sta leggendo in questo momento, oltre a quelli degli altri finalisti del premio Campiello?

Sto leggendo il libro di uno scrittore francese: Il meteorologo di Olivier Rolin, edito da Bompiani. Poi ho letto un bellissimo libro, sempre di una scrittrice francese-spagnola, Lydie Salvayre che si intitola Non piangere, edito da l’Asino d’oro.

Andrea Tarabbia, Il giardino delle mosche, Ponte alle Grazie

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Si ricorda il momento in cui le è venuta l’idea per questo libro?

Qualche anno fa, adesso la data precisa non te la so dire, ho trovato una foto di Andrej Čicatilo dopo l’arresto. Non so cosa stessi cercando di rete, non me lo ricordo, però ho trovato lui e lui era uguale a mio nonno. E quindi mi si è accesa una lampadina e ho pensato che poteva essere una buona cosa raccontare la sua storia. Poi dopo ci sono stati anni di ricerca, ha dovuto maturare la cosa. Però il momento è quello.

Il giardino delle moschePrima Elisabetta Rasy ci ha detto che i libri non nascono quando si accendono le lampadine…

Ognuno risponde per sé. A me, in realtà, in due – tre libri è successo così, nonostante io non sia un grande cultore di immagini, fotografia, ecc… In almeno un paio di occasioni mi è successa questa cosa di trovare una foto e di dire “mah… proviamo”. Poi è un’idea che metti da parte, come ne metti da parte altre cento, però quella è andata avanti.

Che libri sta leggendo, oltre a quelli degli altri finalisti del premio Campiello?

In questo momento sto leggendo Gli scomparsi di Daniel Mendelsohn. Poi sto leggendo dei libri segretissimi per il prossimo libro, che non te li dico perché altrimenti capisci il tema. E ho lì a metà da un po’ di giorni Il formaggio e i vermi di Carlo Ginzburg da finire.

Alessandro Bertante, Gli ultimi ragazzi del secolo, Giunti

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Si ricorda il momento in cui le è venuta l’idea per questo libro?

Due anni fa. Volevo finalmente scrivere la storia degli anni Ottanta, dopo trent’anni e rotti, e mi è venuto in mente di unire questo viaggio che feci a Sarajevo nel luglio ’96, vent’anni fa esatti, come cornice di questa riflessione sugli anni Ottanta autobiografica. Perché io credo che siano due periodi molto legati, credo che gli anni Ottanta finiscano nella seconda metà degli anni Novanta. L’intuizione mi viene in quel momento, due anni, due anni e mezzo fa.

Gli ultimi ragazzi del secoloChe libri sta leggendo in questo momento, oltre a quelli degli altri finalisti del premio Campiello?

Sto leggendo Girl in a Band di Kim Gordon, la bassista dei Sonic Youth, autobiografia.

A quali altri autori è legato?

Dostoevskij, Roman Gary, Marguerite Yourcenar, Tolstoj, alcuni americani tipo Ellroy. Mi piace molto Camus. Ho delle letture piuttosto varie.

Simona Vinci, Le prime verità, Einaudi

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Si ricorda il momento in cui le è venuta l’idea per questo libro?

Precisamente non saprei, diciamo che mi trovavo alla fine del romanzo che ho pubblicato prima di questo, Strada provinciale Tre, era il 2007 e mi trovavo lungo una strada insieme a una donna che per tutto il libro non si sa da cosa stia scappando e non si sa neanche dove stia andando. Questo personaggio è un personaggio che mi rappresentava particolarmente in quel periodo della mia vita. Ho affrontato una crisi esistenziale in quel momento e ho cominciato a interessarmi ai problemi psicologici, psichiatrici e andando a ritroso nella mia vita mi sono poi accorta che in realtà quello che stavo raccontando aveva molto a che fare con me, perché io sono cresciuta in un paese che si chiama Budrio, dove ci sono due ospedali psichiatrici. Le prime veritàC’erano, non ci sono più ovviamente. Io sono cresciuta in un posto dove era abituale, normale, vivere la propria vita, condividere gli spazi con delle persone che avevano vari tipi di disagi e quindi da qui nasce, forse, tutto il mio interesse per questa vicenda.

Che libri sta leggendo, oltre a quelli degli altri finalisti del premio Campiello?

Che diamo per scontato che io stia leggendo. Io ho in borsa Works di Vitaliano Trevisan, che è un libro che ieri ho pesato prima di partire: pesa 600 grammi, quindi non è poco, però per la letteratura si fa questo ed altro. Sto leggendo quello e mi sembra molto bello.

Ringraziamo gli autori per la loro disponibilità, continuate a seguirci per altre interviste e news sul Premio Campiello!