Lo so, niente di nuovo sotto al sole. Come annotò Luigi XVI nel suo diario il 14 luglio 1789, giorno della Presa della Bastiglia e inizio della Rivoluzione Francese. La vicenda che sto per raccontarvi è una vicenda arcinota. Ma personalmente mi piace da matti raccontarla e forse alla fine ci sarà qualcuno che ancora non la conosceva.

Mi piace raccontarla perch’è una storia di genio e di una capacità di scrittura e di mimesi fuori dal comune. È anche la storia di una grande burla, di uno scambio di persona e di una mistificazione letteraria.

E in fondo bisogna raccontarla per capire perché esiste un libro intitolato La vita davanti a sé, edito in Italia da Rizzoli nel 1976, mentre ora Neri Pozza ha pubblicato lo stesso libro, ma il nome dell’autore in copertina è diverso: è un certo Romain Gary.

La vita davanti a sé

Comunque la storia è questa.

Émile Ajar si presenta sulla scena letteraria nel 1974, inviando un manoscritto dal Brasile. Si tratta di Cocco mio, un discreto successo, al quale seguiranno negli anni altri tre libri. L’anno successivo pubblica La vita davanti a sé, un enorme successo, che gli valse il più prestigioso premio letterario francese: Il Premio Goncourt.

Sia detto en passant, La vita davanti a sé è un vero capolavoro, uno di quei libri che “bisogna leggere”, motivo per cui compare tra i libri dispersi, e dal quale trassero anche uno splendido lungometraggio, vincitore dell’Oscar per il miglior film straniero nel 1978, con una grande interpretazione di Simone Signoret, nei panni di quell’indimenticabile personaggio che è Madame Rosa.

Eppure nonostante la fama e il prestigio letterario Ajar rimane nell’anonimato e nessuno sa chi realmente sia. Già all’uscita del primo romanzo Le Nouvel Observateur indicava Raymond Queneau o Louis Aragon tra i probabili autori del libro, perché «non poteva che essere l’opera di un grande scrittore». Un po’ quello che è accaduto in questi anni per il “caso” Elena Ferrante.

Qualcuno comincia a insinuare che dietro Émile Ajar si celi in realtà Romain Gary, ma lui nega fermamente e tutti i critici sono concordi nel ritenere che sia praticamente impossibile: «Roman Gary non sarebbe mai stato capace di scrivere un romanzo del genere» scrive un brillante critico della Nouvelle Revue Française; «Gary è uno scrittore a fine carriera» sentenzia un altro letterato.

Eppure in molti se n’erano accorti e scrivevano a Gary: professori in pensione, giovani studentesse, maestre e bibliotecarie, gli dicevano: «questo tuo brano è identico a quest’altro, presente nel libro di Ajar». E lui rispondeva cortese a tutti quanti: «Lo so di aver avuto molta influenza sul giovane Ajar, il quale a volte arriva anche al plagio, ma che ci posso fare?». Geniale.

Due giorni prima di spararsi un colpo di pistola in bocca Romain Gary scrive Vita e morte di Émile Ajar, il suo testamento letterario, e lo spedisce al suo editore con le istruzioni per renderlo noto.

Istruzioni di Gary

In questo testo, recentemente pubblicato da Neri Pozza in un’agile edizione che raccoglie anche le foto di alcuni manoscritti e altre immagini della vita dell’autore, Gary confessa: Ajar c’est moi.

In pratica rende noti tutti i retroscena di questa grande mistificazione letteraria, durata per anni, fino a vincere per due volte il Goncourt, dato che l’aveva già vinto nel 1956 con Le radici del cielo come Romain Gary (tra l’altro a sua volta pseudonimo di Roman Kacew, suo nome anagrafico).

Una grande lezione per i critici letterari e per tutti gli addetti ai lavori, per quel “terrore” che soffoca la repubblica delle lettere, composta da consorterie e cricche plaudenti, da clientelismi e da favori fatti per essere ricambiati e specialmente per quello che lo stesso Gary denominava il pariginismo, ma che si può estendere anche all’ambito nostrano.

Secondo Gary sarebbe bastata una comparazione dei testi per capire chi fosse Ajar e svelare il mistero. Eppure è quello che fece Michel Tournier, ne Il volo del vampiro, arrivando alla conclusione che «comparare Ajar a Gary è aberrante» e può essere solo «la supposizione di un bambino».

(Dopo il disvelamento di Gary e la pubblicazione del suo Vita e morte di Émile Ajar, Michel Tournier pubblicherà un post-scriptum nel quale torna a sottolineare l’evidente disparità delle due opere e la profonda differenza di stile. In pratica elogia il mimetismo di Gary e la sua capacità di creare sia l’opera che il suo autore, facendolo diventare un personaggio reale, e conclude dicendo che «la creazione consiste precisamente nel rendere reale ciò che è a priori impossibile»).

Ma perché Romain Gary l’ha fatto?

Nel testo citato, vero e proprio testamento, si trovano tutte le ragioni. Una di queste, dice, è che «ero stanco di essere soltanto me stesso. Stanco dell’immagine di Romain Gary che mi avevano appiccicato addosso una volta per tutte, da trent’anni».

Una motivazione pirandelliana, molto Fu Mattia Pascal.

In fondo Gary ha realizzato due sogni: quello dell’uomo comune, di tutti noi, che vogliamo essere altro, anche solo per un istante; e il sogno dello scrittore, che è quello di creare un personaggio in carne ed ossa, che esca dalla pagina e si aggiri per il mondo e magari scriva a sua volta libri e vinca premi ecc. ecc.

Romain Gary
La vita davanti a sé
La vie devant soi
Traduzione di Giovanni Bogliolo
Neri Pozza, 2015

Romain Gary
Vita e morte di Émile Ajar
Vie et morte d’Émile Ajar
Traduzione di Riccardo Fedriga
Neri Pozza, 2016