Lo scorso week-end la direttrice di Piego di Libri mi ha lanciato una sfida: io scelgo l’immagine e tu scrivi il Monday Breakfast a seconda dei pensieri che l’immagine ti suscita.

La foto è quella che vedete sopra: cupcakes a forma di libro. Davvero, Cristina? Io avevo pronto l’articolo del secolo e tu mi chiedi di scrivere di letteratura e marzapane? Come minimo, mi aspettavo un’icona di Walt Whitman che, con la voce grintosa di Robin Williams, mi incitasse a dare sfogo alla fantasia.

Che poi, in realtà, l’argomento di un articolo è del tutto relativo. C’è un’unica cosa che il lettore cerca quando si imbatte in un nuovo libro, articolo, editoriale o sgrammaticato post di Facebook: risposte.

Avete mai notato che, quando siete in uno stato di ansia e vi mettete a leggere un libro, vi sentite all’improvviso più calmi?

Secondo me la passione per lo shopping è nata a causa degli ansiosi: si ha la mente così paralizzata che non si prova nemmeno a dedicarsi a un’attività calmante come la lettura; ci si lascia prendere dalla frenesia del consumismo, per questo ci si sente in colpa e via con un’altra flebo di ansia!

Vogliamo poi aprire la parentesi aforismi? Scrissi un articolo, mesi fa, sulle citazioni letterarie fasulle. Non importa che siano o meno veritiere: quando ne condividiamo una ci impersoniamo detentori di una straordinaria verità e, per quindici minuti, ci sentiamo con la pancia piena di risposte. Gli scrittori sono meglio dei farmaci!

Tornando seri per un attimo, mentre si legge o si parla di libri, mangiare qualcosa è quasi d’obbligo.

Oscar Wilde disse: “Non riesco a sopportare quelli che non prendono seriamente il cibo”.

Il salato ve lo sconsiglio – i pop-corn teneteli per quando vi guarderete l’ennesima puntata di Sex and the City – scegliete il dolce e andate sul sicuro. Non me li vedo proprio Baudelaire e Mallarmé che, finite le scorte di assenzio, discorrono di letteratura di fronte a un tramezzino. Su, dai.

Poi ci sono quelli contrari a mescolare il piacere del cibo con quello della lettura. Non è decoroso, dicono. Poi li ritrovi a notte fonda che si danno appuntamento con il frigorifero.

Qual è il rapporto, quindi, che ogni sano lettore dovrebbe avere con il cibo? Ho scavato un po’ nei meandri della storia della poesia e ho trovato questo componimento di Guizzo Gozzano, intitolato “Le golose”, sulle signore che mangiano le paste in pasticceria.

Io sono innamorato di tutte le signore
che mangiano le paste nelle confetterie.

Signore e signorine –
le dita senza guanto –
scelgon la pasta. Quanto
ritornano bambine! […]

C’è quella che s’informa
pensosa della scelta;
quella che toglie svelta,
né cura tinta e forma.

L’una, pur mentre inghiotte,
già pensa al dopo, al poi;
e domina i vassoi
con le pupille ghiotte.

un’altra – il dolce crebbe –
muove le disperate
bianchissime al giulebbe
dita confetturate!

Un’altra, con bell’arte,
sugge la punta estrema:
invano! ché la crema
esce dall’altra parte!

(G. Gozzano, Le golose, in Poesie sparse, Einaudi, Torino 1977)

Perché è vero, quando si mangia qualcosa di dolce si ritorna bambini: la brioche alla crema mi piace di più di quella al cioccolato, tu mangiati lo scontatissimo bignè che io ordino quell’invitante cannolo siciliano …Giù le mani dall’ultimo tiramisù!

Lo stesso meccanismo avviene anche per la letteratura; selezioniamo: chi non ci dà le risposte che cerchiamo, lo accantoniamo. Ciao, arrivederci, au revoir. Se siamo in un café, possiamo anche tirare fuori la nostra copia de “L’interpretazione dei sogni” per fare i fighi, ma poi, una volta a casa, Freud lo tradiamo con l’ultimo giallo della Marsilio che tanto ci appassiona. Perché Freud l’ansia non la placa, la fa venire, non siete d’accordo? Se volessi gustarmi una dissertazione sulla dimensione onirica collegata alle relazioni degli esseri umani, leggerei Kundera, che almeno rende il pessimismo cosa leggera.

Fondere quindi due piaceri in uno non è malvagio e diventa ancora più interessante quando li si possono condividere con qualcun altro.

Sono molte le nuove librerie che, nonostante la crisi, decidono di aprire come café letterari, servendo anche pietanze a tema. I librai diventano ambasciatori della cultura combinando amore per i libri e per il cibo. Secondo un articolo di Libreriamo, i café letterari italiani dove vale la pena andare si trovano a Torino, Milano, Bologna, Roma, Napoli, Lecce, Bari e Taranto. Anche in Italia c’è l’imbarazzo della scelta senza dover per forze farsi invadere da Starbucks o altre catene straniere.

La lettura è un gesto inevitabile, così come velarsi le labbra di zucchero filato quando si mangia un dolce: andrebbe svolto con naturalezza e tranquillità.

Leggere un libro è come concedersi a una brioche alla crema: se quando la si assaggia, si è invogliati ad arrivare fino al centro, non bisognerebbe avere paura di lasciarsi andare.