«Se mi costringessero a scegliere fra il cercare la verità e il trovarla, sceglierei di cercare la verità».
G.E Lessing

Javier Cercas è considerato, insieme a Javier Marías, il più grande scrittore spagnolo contemporaneo (tutti orfani dal 2002, del grande Camilo José Cela). I suoi capolavori sono Anatomia di un istante, sul colpo di stato del 23 febbraio 1981 in Spagna, e Soldati di Salamina, ambientato negli ultimi mesi della guerra civile spagnola.

In questo libro raccoglie invece le lezioni di letteratura tenute nell’estate del 2014, durante un ciclo di conferenze pubbliche, quando fu invitato a presiedere la cattedra di Weidenfeld Visiting Professor in Comparative Literature a Oxford. Prestigiosa cattedra occupata negli anni da George Steiner, Amos Oz, Roberto Calasso, Umberto Eco, Vargas Llosa e compagnia bella.

Ma cos’è Il punto cieco?

Secondo Cercas, come l’occhio ha un punto cieco situato nella retina – sfuggente, laterale, non facilmente localizzabile – privo dei recettori della luce e attraverso il quale non si vede nulla; così anche i grandi romanzi hanno un punto cieco e proprio attraverso quell’oscurità illuminano, attraverso quel silenzio diventano eloquenti.

«Il meccanismo che sta alla base dei romanzi del punto cieco è molto simile, se non identico: al loro inizio, o nel loro nucleo, c’è sempre una domanda, e tutto il romanzo consiste nella ricerca di una risposta a quella domanda centrale; al termine della ricerca, però, la risposta è che non c’è risposta, cioè, la risposta è la ricerca stessa di una risposta, la domanda stessa, il libro stesso».

In pratica è il lettore a riempire il punto cieco del romanzo e ciò gli permette di conoscere ciò che di fatto non conosce, ciò che l’autore stesso non ha detto e così giungere là dove non pensava si sarebbe mai spinto. Queste risposte dei romanzi del punto cieco – risposte senza risposta – sono per Cercas le uniche risposte davvero letterarie. E l’ultima parola spetta al lettore.

Il romanzo è il genere delle domande, non quello delle risposte, quindi l’obbligo di un romanzo non consiste nel rispondere alla domanda che egli stesso pone, ma nel formularla con la maggior complessità possibile. Don Chisciotte è davvero pazzo? Cosa rappresenta Moby Dick? Di cosa è accusato Josef K.? Perché Bartleby lo scrivano preferirebbe di no? Arriverà mai Godot?

Prima di iniziare la sua esplorazione attraverso i romanzi del punto cieco, Cercas cerca una definizione di “Romanzo”. Cos’è un romanzo? Per Forster, in quel mirabile trattato che è Aspetti del romanzo, si può definire «una finzione in prosa di una certa estensione». Robbe-Grillet, dal versante dello sperimentalismo, definisce il romanzo «lo studio di una passione, o di un conflitto di passioni, o di un’assenza di passione, in un determinato ambiente».

Ma le risposte sono molteplici, tutte sfuggenti. Forse la migliore è la risposta che ne dà Cervantes, dicendo che «il romanzo è un genere di generi», concretizzando questa sua convinzione nel Don Chisciotte, primo romanzo moderno e meta-romanzo. E se il romanzo è sfuggente per definizione, non resta che analizzarlo nei suoi frutti più maturi.

Così Cercas ci prende per mano, cominciando a passeggiare attraverso gli scaffali di una sua biblioteca ideale.

La risposta di Forster sull’essenza del romanzo, ad esempio, non è esaustiva, perché formulata nel 1927. Dopo quella data infatti, esattamente nel 1966, usciva A sangue freddo di Truman Capote. Per questo libro si parla di non Fiction Novel o perfino di Faction, sorta di contrazione di Fiction e Fact. Così come lo è Anatomia di un istante dello stesso Cercas.

L’autore parte allora da questo punto per porsi ulteriori domande sul romanzo contemporaneo, sempre per cercare una definizione calzante che risponda alla domanda: che cos’è un romanzo? Risposta sempre più difficile perché questo genere, multiforme per definizione, è venuto a subire nuove ulteriori metamorfosi.

C’è il modello del romanzo giornalistico di Norman Mailer e di Tom Wolf, immediati debitori di Capote. C’è il romanzo biografico di Echenoz, Carrère o Deville, forse più vicini al Marcel Schowob delle Vite immaginarie. C’è infine il modello del romanzo autobiografico di Vallejo, Marías e Coetzee (i cui tre romanzi sulla sua vita sono ora raccolti da Einaudi, nel volume Scene di vita di provincia).

«Il proposito è quello di cercare di svelare o di sviluppare nuove possibilità del romanzo, di rinnovarlo o di rifondarlo o di provocare l’ennesima trasformazione di questo genere onnivoro e mutante, soddisfare, in definitiva, l’insensata ambizione di ogni romanziere, che consiste nel condurre il romanzo in un luogo che, prima di lui, il genere non conosceva, dotandolo di una forma nuova, diversa da quella che il romanziere ha ricevuto».

In fondo non è vero che l’unico obbligo del romanzo sia raccontare una buona storia e farla vivere al lettore. Secondo Cercas l’unico obbligo di un romanzo consiste nell’ampliare la nostra conoscenza di ciò che è umano. Il romanzo non è solo intrattenimento, ma uno strumento di indagine essenziale, ed ecco che quindi ha bisogno di essere nuovo per dire cose nuove; ha bisogno di cambiare per cambiarci: per farci diventare ciò che non siamo mai stati.

In fondo questo è quindi un saggio per capire lo stato dell’arte del romanzo, per comprendere qualcosa in più sulla sua essenza, specialmente per capire se, come si dice in giro, il romanzo sia davvero morto o moribondo. In questo caso, anche grazie a Cercas, se il romanzo è morto a maggior ragione possiamo dire «Viva il romanzo!».

Javier Cercas
Il punto cieco
El punto ciego
Traduzione di Bruno Arpaia
Guanda
2016