A ogni anno che ricordo, le sensazioni di fallimento e di colpa diventano sempre più forti… Quando racconto che ho iniziato un percorso di analisi, le persone mi rispondono che è normale, lo fanno tutti. Normale un bel niente, penso. Io sono qui perché sono malato. Non avevo altra scelta. Sono assorto nei miei pensieri, quando si apre la porta. Mi alzo a fatica. Quei pochi metri comincio ad odiarli.

A parlare è Melvin, il protagonista del romanzo Essere Melvin, tra finzione e realtà di Vittorio de Agrò. Il passo riportato apre il capitolo VII, ma è simile all’esordio di ogni sezione: Melvin è in sala d’attesa… la sua mente è attraversata da un flusso ininterrotto di pensieri fino a quando si apre la porta del dottor Splendente. Inizia quindi la narrazione della vita passata e la descrizione delle preoccupazioni future.

Oggi sono teso, sarà perché devo parlare di un momento doloroso della mia vita. Non riesco a stare seduto. Cammino avanti e indietro lungo il corridoio, cercando di riordinare i pensieri. Finalmente la porta si apre ed entro.

L’incapacità di affrontare la realtà, la solitudine, l’impossibilità di distinguere la finzione dal vero, la paura del domani: questi sono solo alcuni degli ingredienti principali del romanzo. Poi l’insoddisfazione esistenziale, la difficoltà di soddisfare le aspettative familiari, la fatica di fare pace con se stesso e con il proprio passato, il rifiuto e la paura di mettersi in gioco. Essere Melvin è questo e molto altro ancora: una personalità complessa in continua ricerca di risposte e di soluzioni, persa nel nel buio caotico della propria insicurezza e della propria confusione interiore.

Nella vita di un uomo può capitare di perdere la dritta via e di ritrovarsi nella selva oscura. Una volta dentro è arduo uscirne. Bisogna avere coraggio, freddezza e forza di volontà. Chi non possiede queste qualità è costretto a chiedere aiuto. Bisogna avere l’umiltà di riconoscerlo e di affidarsi a un estraneo. È il primo passo, ma il più difficile da compiere. Questo è il mio caso.

Melvin è afflitto dal pensiero di aver deluso suo padre. Diviso fra più donne, è incapace di vivere l’amore in modo concreto e reale, libero da idealizzazioni; è incapace di prendere una decisione e vedrà scivolargli inesorabilmente fra le dita una serie infinita e irrecuperabile di possibilità. Caterina, Ambrosia Flavia, Claretta… più i nomi si sommano più l’instabilità emotiva di Melvin si complica.

Il protagonista è in continua angoscia per la produzione di arance, continuamente diviso fra Roma e la Sicilia. La famiglia non comprende completamente il suo malessere e la scarsa fiducia in se stesso non gli consente di farsi carico delle proprie responsabilità. Le poche soddisfazioni sono l’arbitraggio e il blog sull’Aspirante (una star di cui Melvin si è invaghito), ma anche questi luoghi di quiete verranno sconvolti dalle guerre dell’interiorità.

Il senso di inadeguatezza e di insicurezza minaccia il rapporto di Melvin con la realtà, portandolo a creare un mondo di menzogne sulla propria vita attraverso il mondo virtuale della rete. Il protagonista ha la presunzione di avere tutte le risposte ma non ha il coraggio di assumersi l’iniziativa. La paura di confrontarsi con le proprie debolezze vanifica ogni tentativo di crescere come uomo.

Mi gira la testa. Mi sento dentro un pozzo buoi e freddo. Non so cosa fare. Non so cosa aspettarmi da questo percorso.

La paura di confidarsi con un estraneo e l’imbarazzo di dover raccontare le proprie intimità disarma più volte Melvin, ponendogli dei dubbi sulla terapia.

Quando capisci che hai toccato veramente il fondo? Quando può iniziare la risalita? … mi macero dietro a rimorsi e rimpianti. Comincio a odiarla questa sala d’attesa. Ormai con lo Splendente ci diciamo sempre le stesse cose.

Ma alla fine il desiderio di cambiamento vince la paura di confrontarsi con se stessi sulle cause vere del malessere. Melvin non si arrende mai all’irruzione della malattia mentale, anche se la tentazione di smettere è sempre presente. La volontà di ritrovarsi è un’urgenza, e Melvin imparerà che le fragilità sono la vera forza di ciascuno.

Il libro nasce come un diario commissionato dallo psichiatra. La funzione catartica della scrittura consentirà di riappropriarsi della propria immagine, riannodando i fili della trama attraverso la distanza della narrazione e ricercando l’origine di ogni cosa.

Come afferma Guido Vitiello nella prefazione:

Essere Melvin è per un verso la storia di un cavaliere temerario che deriva la sua audacia da un rapporto con la realtà tutto trasfigurato dalla finzione… Il libro stesso è una gigantesca rivalsa … contro una vita che somiglia troppo poco a quella sognata. Un romanzo d’avventura in cui le terre di conquista sono tutte interiori.

Autore: Vittorio de Agrò
Titolo: Essere Melvin, tra finzione e realtà
Editore: Cavinato
Anno: 2014