Si è più volte disquisito, fra queste pagine, dell’esistenza e delle sue fatiche come di una gara in bicicletta.

Percorriamo una strada attenti ad avversari che tentano di sorpassarci da ogni direzione, quando percepiamo che la salita, di cui non ci eravamo quasi accorti, rende sfibrante il nostro incedere e il rischio di sbandamento è un’ipotesi non più così remota. Ma quando giungerà finalmente il tanto sospirato declivio?

Può sorprenderci la bufera, non importa se di pioggia o di neve, o una fitta coltre di nebbia: è mai davvero esistito il sereno? E il sole con il suo calore?

Ci corrobora nell’assoluta validità della comparazione qualcuno che di queste cose se ne intende parecchio: Paolo Viberti, torinese, classe 1956, storico cronista di Tuttosport, per il quale ha seguito 30 Giri d’Italia, 17 Tour de France, innumerevoli Parigi-Roubaix, Mondiali ed Europei di ciclismo e tanto altro ancora, con la sua fatica, stavolta puramente letteraria, I dannati del pedale.

L’autore ci accompagna nel suo viaggio nel mondo delle corse con un occhio rivolto non soltanto a cronache giornalistiche di imprese sportive ormai entrate nella storia, ma entrando anche nella sfera privata, intima di molti protagonisti delle due ruote.

Svelandoci l’umanissima realtà di molti campioni i quali, seppur di in grado di tagliare il traguardo per primi dopo una fuga in solitaria, una volta appeso il sellino al chiodo, hanno patito la solitudine nella vita di tutti i giorni, quando avrebbero avuto davvero bisogno di sostegno ma non c’èra nemmeno un tifoso ad applaudirli; vicende personali di uomini per nulla impressionati da impervie arrampicate e da strade sterrate, che si sono rivelati delle autentiche maglie nere o magari solo dei coraggiosi ma sfortunati corridori quando i Mortirolo o le Dolomiti da scalare si sono trasformati in problemi familiari, mali incurabili, depressione.

Non mi riferisco soltanto alla vicenda, ormai arcinota e dal retrogusto amarissimo del complotto, di Marco Pantani, tra l’altro raffigurato nella copertina che ha come sfondo il colore dallo stesso indossato nel suo trionfo al Tour del ’98; per non parlare poi del mito delle due ruote per eccellenza, il Campionissimo Coppi, scomparso appena quarantenne per una malaria non curata per tempo, il quale vinse il suo primo Giro come “gregario” di Bartali! Ebbene sì, proprio del Ginettaccio, quello “col naso triste come una salita” (come canterà anni dopo Paolo Conte); contro di lui il Fausto sarà impegnato in un pluriennale duello, con gli italiani pronti ad aggrapparsi a qualunque appiglio facesse loro dimenticare gli orrori della guerra, schierati o dalla parte del pio fiorentino, che pedalava con addosso la spilla dell’Azione Cattolica, o del fedifrago piemontese, sempre più di frequente affiancato dalla misteriosa Dama Bianca, quest’ultima rea non solo di adulterio ma anche di un “gestaccio” nei riguardi di un offesissimo Fiorenzo Magni, vero e proprio terzo incomodo nel panorama ciclistico nazionale.

Nel libro c’è spazio anche per tante altre storie, magari meno note, che però suscitano la curiosità del lettore, dallo svizzero Koblet al furlano Bottecchia dall’inspiegabile e cruenta fine, dal “diavolo” Gerbi al francese Anquetil tombeur des femmes plurigenerazionale. E tanti altri ancora.

Lasciando il giusto spazio anche all’umorismo (vedasi episodio relativo a Davide Cassani, attuale c.t. della nazionale, alle prese con un fastidioso disturbo fisiologico) e alla nostalgia per il ciclismo dei primordi, compiuto con velocipedi privi di cambio e di tecnologia, vere e proprie macchine infernali; e magari con passaggio nei luoghi di culto come il Mont Ventoux, saggiato dallo stesso autore una volta smessi i panni del giornalista per indossare quelli del cicloamatore, ove l’aria rarefatta non fa crescere neanche un filo d’erba rendendo regina indisturbata la pietra…

Allora buone pedalate! E buona lettura!

P.S. 1: sapevate che nel mondo maschio e maschilista delle bici da competizione non sfigurò per i piazzamenti conseguiti una donna?

P.S. 2: trovando il sottoscritto molto affascinante il connubio sport-letteratura, volendo rimanere entro l’ambito velocipedistico, dopo la lettura del presente bel lavoro di Viberti, suggerisco la lettura di “Dino Buzzati al Giro d’Italia” (invero piuttosto raro, reperibile più facilmente on-line). In esso si ritrovano raggruppati gli articoli che lo scrittore bellunese scrisse quale inviato al Giro d’Italia del 1949 quale inviato del Corriere della Sera. Per la serie: quando la cronaca di un evento sportivo diviene terreno fertile per la fulgida visionarietà dell’autore de Il deserto dei Tartari e de Il segreto del Bosco Vecchio.

Autore: Paolo Viberti
Titolo: I dannati del pedale
Editore: Ediciclo
Anno: 2017