Murakami Haruki è uno dei più grandi autori contemporanei, noto soprattutto per le opere “La ragazza dello sputnik”, “Tutti i figli di Dio danzano”, “Norwegian Wood“, “1Q84″. Giapponese di nascita, Murakami ha vissuto e lavorato per molti anni negli Stati Uniti come ricercatore per l’Università di Princeton. Prima di diventare uno scrittore, si guadagnava da vivere gestendo un bar di sua proprietà a Tokyo. Quando ancora non era famoso, ha sempre alternato il lavoro di stesura a un impiego part-time che gli permettesse di mantenersi. Non si è mai considerato uno studente brillante, perché incline a studiare solo quello che gli interessava, che spesso si allontanava di gran lunga da quanto richiesto dai suoi professori.

Nel 2015, dopo oltre trent’anni di attività, Murakami decide di raccontare il percorso di vita che l’ha portato a diventare un romanziere di successo, includendo dei preziosi suggerimenti per aspiranti scrittori.

Trovare il proprio stile, affrontare la revisione della prima stesura di un romanzo e la creazione di personaggi di spessore sono alcuni dei quesiti a cui Murakami cerca di dare una risposta ne “Il mestiere dello scrittore”, pubblicato in Italia con Einaudi.

E lo fa con una presenza forte e solida, senza filtri. E’ uno scrittore che ama la riservatezza, ma non i convenevoli. Saltella da un tema all’altro con disinvoltura e padronanza del discorso, senza però chiedere il permesso al lettore quando sceglie di dilungarsi nel parlare delle riforme scolastiche in Giappone e dei premi letterari.

Ho cercato di riassumere i consigli più preziosi contenuti in questo libro, quelli che possano dare un aiuto concreto a chi si accinge a scrivere un romanzo.

1) In merito allo stile

Trovare il proprio stile per uno scrittore, o un aspirante tale, è un affare importantissimo: per Murakami costituisce una vera e propria operazione di pulizia mentale:

“Ripensando alla mia esperienza personale, per trovare un mio stile e un mio modo originale di raccontare, prima di tutto ho dovuto sottrarre qualcosa a me stesso, più che aggiungerlo; è stato il mio punto di partenza. […] nel nostro percorso di vita inglobiamo troppe cose. Le informazioni sono in numero esagerato, il carico eccessivo, troppe le azioni su ogni dettaglio, e quando si prova ad esprimersi spontaneamente, la sovrabbondanza di contenuti finisce col provocare un ingorgo… E non si riesce più a ripartire”.

Una volta liberatoci del superfluo, si scende in quello che Murakami chiama “la parte più buia del proprio spirito”, per dare alla storia intensità, solidità e originalità.

“Lo scrittore deve trovare in quelle tenebre ciò di cui ha bisogno – il nutrimento necessario al romanzo – e riportarlo con le sue mani nella sfera più alta della coscienza”.

2) In merito alla revisione

Scopriamo un Murakami molto simile a Carver quando leggiamo il paragrafo sulla tecnica di revisione:

“Quando finisco di scrivere la prima versione di un romanzo, lascio passare un po’ di tempo (dipende dalle volte, ma di solito circa una settimana), poi inizio a rivederla. Dall’inizio alla fine. Faccio molte correzioni, ci vado con mano pesante. Per quanto lungo sia un romanzo, per quanto complicata la struttura, non faccio mai un piano all’inizio, procedo improvvisando come mi viene, senza sapere né come si svilupperà né come finirà”.

[…] Questa revisione mi prende forse un mese o due. Una volta terminata, faccio un’altra pausa di una settimana, poi intraprendo una seconda revisione. Di nuovo dall’inizio alla fine. Con più attenzione, però, con un occhio ai particolari. Ad esempio curo la descrizione dei personaggi, regolo il ritmo della conversazione. Controllo che non ci siano parti non pertinenti alla trama”.

3) In merito alla creazione dei personaggi

Per la costruzione dei personaggi, Murakami consiglia di ascoltare e osservare attentamente coloro che non vi stanno simpatici, perché costituiscono delle importanti fonti di ispirazione:

“Situazioni in cui mi sentivo ferito o che mi deprimevano sono diventate per me, in quanto scrittore, esperienze colme di nutrimento”.

4) Terza o prima persona?

Murakami ci racconta che ha iniziato a scrivere in prima persona perché riusciva a immedesimarsi nei personaggi e nella storia con più facilità. Il rischio della prima persona, però, è quello di limitarsi a raccontare solo quello che il narratore riesce a vedere, lasciando in ombra dove il suo sguardo non arriva. Murakami cita due grandi autori, Salinger e Fitzgerald, che hanno entrambi scritto soltanto un romanzo in prima persona e ciò che risulta curioso è che sono proprio i due libri che li hanno resi celebri ovvero “Il giovane Holden” e “Il grande Gatsby”. Scrivere in prima persona, se vi riesce bene, potrebbe davvero dare una svolta alla vostra carriera, ma è una tecnica che va utilizzata con la giusta consapevolezza.

Armatevi di una matita quando leggerete Il mestiere dello scrittore, perché avrete molto da annotare e sottolineare. Dotatevi di pazienza e umiltà, ché come dice Murakami:

“… Scrivere un romanzo è un atto lento, un atto che si compie a marcia ridotta. Qualcosa a metà strada fra la camminata e la pedalata”

Autore: Murakami Haruki
Titolo: Il mestiere dello scrittore
Traduzione: Antonietta Pastore
Pagine: 186
Editore: Einaudi
Anno: 2015