“E’ Janine che racconta di essere stata stuprata da una banda a quattordici anni e di avere poi abortito. ha raccontato la stessa storia la settimana scorsa […]
<<Ma a chi va data la colpa?>> chiede Zia Elena, sollevando un dito paffuto.
<<A lei va data la colpa, a lei, a lei>> salmodiamo all’unisono.
<<Chi li ha provocati?>> Zia Elena è raggiante, contenta di noi.
<<Perchè Dio ha lasciato che accadesse una cosa tanto terribile?>>
<<Per darle una lezione. Darle una lezione. Una lezione>>”
Siamo nel 1955, a Galaad, negli Stati Uniti d’America, dove lo stagnamento dell’economia del paese e l’abbassamento della natalità sono le maggiori cause di povertà e degrado. I politici (uomini) più ricchi e influenti sono convinti che una severa e fedele adesione ad alcuni precetti delle sacre scritture sia in grado di riportare il paese alla ricchezza e allo splendore di un tempo.
L’episodio contenuto nel vecchio testamento che narra del profeta Giacobbe, che si accoppia con la serva per volere della moglie Rachele viene utilizzato come pretesto dall’oligarchica Galaad per schiavizzare le poche donne fertili della Repubblica e costringerle ad offrirsi ai Comandanti, sotto gli occhi delle loro mogli.
Create negli anni Ottanta, le Ancelle di Margaret Atwood indossano vesti profetiche e richiamano l’attualità dei nostri giorni. Il successo ritrovato in questo ultimo anno è stato anche grazie all’adattamento televisivo sul canale statunitense Hulu, che vede la talentuosa Elizabeth Moss nei panni di Difred, la protagonista. La miniserie ricalca molto il romanzo ed entrambi progrediscono attraverso flashback, fondamentali per capire come si sia arrivati a concepire una tale realtà.
Difred (letteralmente “di Fred”, il nome del Comandante al quale appartiene) nella sua vita precedente (così vengono chiamati gli anni antecedenti il grande cambiamento) era una donna con una vita piena, un marito e una figlia, un lavoro e l’affetto degli amici. Un giorno, il suo datore chiede a tutte le donne dell’ufficio, con pesante imbarazzo, di abbandonare il luogo e di non farvi più ritorno. Le leggi subiscono con effetto immediato cambiamenti radicali: poche ore dopo la donna si ritrova il conto svuotato e con l’impossibilità di pagare in qualsiasi negozio. L’autosufficienza non è più una prerogativa per il genere femminile.
In poco tempo, libri e riviste spariscono dalla circolazione: l’educazione per le donne non è più un diritto. La scelta del taglio di capelli e dell’outfit non è più indice della propria personalità: tunica rossa fino alle caviglie e copricapo bianco con due vele che ostruiscono, di proposito, la visuale di quello che sta intorno a loro.
“Loro” sono le ancelle e, spogliandole per un istante del folclore geniale e agghiacciante creato da Atwood nei minimi dettagli, non sono altro che donne schiave del proprio dono, quello della sopravvivenza della specie. Ne il racconto dell’ancella, la scrittrice si interroga sul libero arbitrio e sul ruolo di un sentimento potente come l’Amore, quando è soffocato da un destino forzato, dalla costrizione, dallo stupro.
“Ciò che sta accadendo in questa stanza, sotto l’argenteo baldacchino di Serena Joy, non è eccitante. Non ha niente a che fare con la passione o l’amore o l’avventura o qualsiasi altra situazione di cui eravamo abituati a compiacerci. Non ha nulla a che fare col desiderio sessuale, non per me almeno, e certamente neanche per Serena. Eccitamento e orgasmo non sono più ritenuti necessari; sarebbero nient’altro che un sintomo di superficialità…”
Autore: Margaret Atwood
Titolo: Il racconto dell’ancella
Titolo originale: The Handmaid’s Tale
Traduzione: Camillo Pennati
Pagine: 398
Editore: Ponte alle Grazie
Anno: 2004