Per provare a dare delle risposte “definitive” su libri e scrittori, chi meglio di uno storico dalla vastissima cultura letteraria? Ospitiamo allora Mimmo Franzinelli, studioso che ha pubblicato molti libri sulla storia italiana e su quella della musica.
Come lettore ha dei generi prediletti o è abbastanza onnivoro?
Sono un lettore curioso, eclettico e smisuratamente onnivoro. Quando un autore mi appassiona lo seguo ad ogni uscita, per quanto prolifico possa essere: così è ad esempio per il bulimico poligrafo Stephen King. Prediligo i classici (russi, tedeschi, francesi, inglesi ecc.), che è un piacere rileggere, trovando una quantità di sollecitazioni sfuggite al primo approccio. Sin da ragazzo ho amato E.A. Hoffmann e Edgar Allan Poe: sono sensibile ai filoni nero e giallo (da Conan Doyle a Carlotto e Mankell), apprezzo i maestri del romanzo storico (Zola, Verga, Steinbeck…) ma pure scrittori di avventure come Stevenson. Ho invece quasi abbandonato la poesia, dopo la giovanile adorazione per Rimbaud.
Sceglierne uno non è proprio possibile: quali sono allora i suoi libri preferiti?
Dovessi indicarne uno solo, direi l’Odissea, nelle due straordinarie versioni di Rosa Calzecchi Onesti e di Giovanna Bemporad. Ho gustato (e riletto) il Faust nella traduzione datata ma poetica di Vincenzo Errante. Tra i grandi romanzi del Novecento indicherei Autodafé di Canetti, così emblematico sull’alienazione dell’intellettuale e popolato da un’affascinante corte dei miracoli (rimpiango che Canetti non abbia scritto altri romanzi). Considero notevolissima Isabel Allende de La casa degli spiriti.
So che non è facile rispondere, ma quali possono essere i libri più importanti mai scritti?
Direi Bibbia e Corano sul versante religioso. Mentre dal versante laico citerei Ulysses di Joyce.
Abbiamo una rubrica che si chiama “libri dispersi”, incentrata sui romanzi. Quali sono i più importanti testi di valore storico andati perduti?
Un testo praticamente sconosciuto in Italia è Sunset Song di Lewis Grassic Gibbon (1932, trad. it. Canto del tramonto, ed. Giano, 2005), notevole e pessimistico affresco di una minuscola comunità rurale scozzese, con un’incredibile capacità di cogliere le inconciliabili prospettive esistenziali maschili e femminili.
C’è stato uno scrittore, o una scrittrice, che ha avuto un ruolo storico notevole, tanto che si potrebbe dire “ha cambiato il corso della Storia”?
Se vogliamo considerare Marx uno scrittore (e sicuramente lo è, con una prosa pregnante e stringente), è indubbio che il Manifesto del partito comunista, scritto nell’Europa del 1848, attraversata da moti sociali, abbia precorso e interpretato i tempi, fornendo un significativo contributo ai mutamenti politici che da allora in avanti hanno caratterizzato il nostro continente (e non solo).
Ha scritto anche dei volumi sulla musica, ad esempio “Rock & Servizi Segreti”. Davvero il potere temeva che… a canzoni si fan rivoluzioni?
Detto oggi, sembrerebbe una follia. Ma se contestualizziamo, andando a ritroso di mezzo secolo, ovvero negli Stati Uniti scossi dalla guerra nel Viet Nam e dal movimento per i diritti civili, questa ipotesi appare decisamente realistica. Il presidente Nixon e il capo della CIA Hoover erano ossessionati da John Lennon e da quei musicisti che – popolarissimi tra i giovani – indicavano nuovi modelli di società e scenari politici alternativi agli assetti di potere. Dove fallì la repressione, vinsero le sirene del consumismo e il rock venne ricondotto quasi interamente a meccanismi e finalità di mercato.
A proposito di musica e impegno politico. Spendiamo qualche parola per Phil Ochs, che lei stima moltissimo?
Phil Ochs (1940-1976) è stato un artista sincero e anche ingenuo, gettatosi anima e corpo nei movimenti di rivendicazione e in battaglie idealiste. Le sue canzoni descrivevano e interpretavano il mondo in modo caustico e poetico. Il potere lo considerava un nemico ed era schedato dai servizi segreti: sono centinaia i documenti spionistici redatti dal FBI sul suo conto. Al riflusso del movimento di contestazione si è sommata la paranoia ingenerata dal ferreo controllo cui era sottoposto, col risultato di indurlo al suicidio… Conosco una per una le sue ballate, che hanno avuto una certa importanza nel mio immaginario. Diversi anni fa gli dedicai una piccola monografia nella collana si Stampa Alternativa “Mille lire”; ho poi registrato come personale omaggio a questo sfortunato artista una puntata della rubrica di Radio Rai 3 Wikipedia (disponibile nel sito della trasmissione).
A Bob Dylan è stato conferito il Nobel per la Letteratura. Che opinione ha in merito?
Che avrebbero dovuto insignirlo del Nobel non oggi, ma… nel 1967! Il prestigiosissimo Premio, conferitogli nel 2016, ha il senso di un riconoscimento alla carriera, che lascia il tempo che trova. Il suo picco creativo è infatti compreso tra il 1963 (The Freewheelin’ Bob Dylan) e il 1967 (John Wesley Harding). Poi ha certamente composto e inciso ottimi dischi, privi però – tranne a sprazzi – della genialità di quel quinquennio magico, nel quale, tra i suoi 22 e i 26 anni, gli Stati Uniti attraversarono un periodo straordinariamente tormentato, in cui sembrò possibile ai movimenti giovanili il ribaltamento degli assetti socio-politici.
Infine la nostra domanda di rito: quale libro c’è attualmente sul suo comodino?
A domanda di rito, risposta irrituale: il comodino è letteralmente sommerso da libri, in un disordine che a qualcuno appare inqualificabile ma ha una sua logica. Ho appena concluso L’Angelo di Sandrone Dazieri; alzando gli occhi dallo schermo del computer vedo, tra i tanti volumi pronti per l’uso (ne leggo diversi, giostrandomi tra l’uno e l’altro a seconda degli umori e dell’ispirazione) diversi testi di musica folk e rock in edizioni inglese e statunitense, saggi storici (recente arrivo: Claretta di Richard Bosworth, che spero verrà presto tradotto in italiano), un paio di testi di Philip K. Dick, La Montagna magica di Mann nella versione di Renata Colorni (che vorrei raffrontare alla classica Montagna incantata di Ervino Pocar che tanto mi colpì da liceale)…