Questo è un libro imprescindibile per quei bibliofili che spingono la loro passione fino ai confini della bibliofollia. Alberto Castoldi è rettore dell’Università di Bergamo, dove insegna Letteratura francese. Grazie alla sua erudizione ci porta per mano lungo stravaganti percorsi letterari, tra fitte ramificazioni di citazioni a grappolo e inconsueti rimandi libreschi che intersecano le righe del testo.

Tutto è letteratura in questo libro, libro che diviene un mondo cartaceo, fatto di parole, un mondo che fuoriesce dalla pagina per diventare il mondo esclusivo degli scrittori e di riflesso quello dei lettori.

L’agile libretto si divide nei seguenti capitoli: Il lutto della scrittura – Lo scrittore assassino – I libri mai nati – La biblioteca come rifugio – Le biblioteche distrutte – Il culto dei libri – Bibliofilia/Bibliomania – Bibliofagi – Libricité – I falsari – Il libro che uccide – Strategie di lettura.

Nel capitolo della biblioteca come rifugio si parte da quella di Montaigne, non-luogo che istituisce il libro come barriera fra sé e il mondo esterno: 3300 titoli corrispondenti a circa 5000 volumi.

«Sul modello di Montaigne anche la biblioteca di Winckelmann sarà collocata al terzo piano di una torre rotonda, ciò che gli consente di dominare con un solo colpo d’occhio tutti i suoi volumi.

Nella tempesta di Shakespeare, Prospero, duca di Milano, lascia gli affari di governo al fratello per ritirarsi nella propria biblioteca che «come ducato, gli basta».

Machiavelli in una celebre lettera a Vettori fa della sua biblioteca il luogo privilegiato per sfuggire alla volgarità dell’esistenza e rigenerarsi nella lettura dei classici.

Per Julien e Mathilde, i protagonisti di Le Rouge e le Noir di Stendhal, è invece un luogo di piacere, luogo sessualizzato in cui si impara a leggere e amare.

Puskin, ferito in duello, ancora pochi istanti prima di morire sogna nel delirio di “scalare” la propria biblioteca.

Per Claudel, invece, la biblioteca sarà un elemento rassicurante, protettivo: «Anche se non leggo Platone, mi pare che sia piacevole possederne in casa mia i pesanti volumi».

Villiers de l’Isle-Adam fa della biblioteca di Isis «la bibliothèque inconnue», una sorta di deposito un po’ cimiteriale di quanto di più caro e straordinario ha prodotto fin dall’antichità la scrittura.

Huysmans in À rebours concepirà addirittura la biblioteca di Des Esseintes come un libro, rivestendola di marocchino, ivi compreso il soffitto a volta che finge il dorso di un volume.

Jules Verne in Vingt mille lieuers sous les mers (1870) attribuisce al Capitano Nemo una biblioteca composta da 12000 volumi, tutti uniformemente rilegati e «collocati senza alcuna distinzione, qualunque sia la lingua in cui siano stati scritti», dato che il proprietario è poliglotta.

Anche la biblioteca di Peter Kien descritta da Elias Canetti in Auto da fé (Die Blendung, 1935) costituisce un universo chiuso su se stesso: 25000 volumi in quattro stanze del suo appartamento, senza la presenza di alcun mobile superfluo, e in cui nessun estraneo può entrare: i libri contano più degli uomini, parlano pur essendo muti.

Il femminile non è però estraneo all’iniziazione alla lettura, e Alberto Manguel parla del suo approccio alla biblioteca della casa paterna come di un percorso adolescenziale nella sessualità: «Cominciai a cercare nell’elefantiaca enciclopedia spagnola Espasa-Calpe le voci che supponevo avessero attinenza al sesso».

Sartre ci proporrà in Les mots un’esperienza non dissimile: la biblioteca come Eden, luogo privilegiato dell’infanzia, luogo depositario di una realtà virtuale ancora più intensa di quella vera, ma che gli adulti impongono di lasciare».

E ancora i personaggi della Nausée di Sartre, Antoine Roquentin e l’autodidatta che si istruisce leggendo i libri per ordine alfabetico di autore; il racconto Berenice di Poe, nel quale la biblioteca è concepita come ventre materno e tomba al tempo stesso; La Bibliothèque Nationale di Parigi nella quale si rifugia Rilke e la celebre Biblioteca di Babele di Borges; La Biblioteca labirintica dell’abazia benedettina nel Nome della Rosa di Eco e quella dell’Uomo senza qualità di Musil…

Virginia Woolf che paragona la biblioteca a una «scatola cranica», in cui però «i morti sono vivi e i muti parlano»; lo sgomento del generale Stumm di fronte al proliferare dei volumi s’impadronisce in quegli anni anche di Ortega Y Gasset: «ci sono ormai troppi libri»; il Don Ferrante manzoniano riusciva ancora a padroneggiare la propria biblioteca; i libri protagonisti della Battaglia dei libri di Jonathan Swift (1704) si animavano e si scontravano nel conflitto che opponeva nella biblioteca reale i sostenitori degli antichi e dei moderni…

In poche parole un libro disperso che vale la pena di recuperare. Insieme alla famosa frase di Mallarmè, che sognava un giorno di scrivere “Il Libro”:

«Una proposizione che emana da me – spesso oppostamente citata a mio elogio o a mio biasimo – vuole sommariamente che tutto al mondo esista per costruire un libro».

Alberto Castoldi
Bibliofollia
Bruno Mondadori
Anno 2006