Charles Nodier, oggi come oggi, viene definito come uno scrittore costantemente influenzato. Per i suoi contemporanei, invece, con i suoi scritti avrebbe influenzato notevolmente lo sviluppo del romanticismo francese. Almeno fidandoci di quanto lasciano detto di lui Victor Hugo, Alfred de Musset e Sainte-Beuve. Anche Alexandre Dumas si dilunga ampiamente, nelle sue memorie, sul salotto letterario di Nodier, quel ‘Cenacolo’ a cui prendono parte tutti i futuri grandi nomi della letteratura romantica francese. Salotto che teneva dal 1824, quando fu nominato bibliotecario del conte d’Artois, futuro Carlo X di Francia.
Eppure i critici moderni lo accusano di quel crimine letterario che lui stesso descriverà nel suo saggio. Scritto quindi per depistaggio? In alcune opere giovanili ricalca i modi e temi dei suoi autori preferiti, e tra le sue pagine echeggiano le parole scritte da Goethe, nel Werther e da Schiller, nei Masnadieri. Il suo Vampire del 1820 non è che una ripresa del Vampiro del dottor Polidori, generato dalla celebre sfida lanciata da Byron, nel 1816, grazie alla quale a sua volta Mary Shelley scrisse il suo Frankenstein. Ma in altri libri di Nodier si sente l’influenza di Hoffmann, Swedenborg, Sterne. Fino a un celebre racconto di Infernaliana che non è che il plagio integrale, scoperto da Roger Caillois, della decima giornata di quel capolavoro onirico senza tempo che è il Manoscritto trovato a Saragozza di Jan Potocki.
(Apro una parentesi. Solo per citare il genio assoluto e metodico che Potocki espresse anche al momento del suo suicidio. Nel 1815, in preda alla depressione, staccò una fragola d’argento che adornava una sua teiera e, limandola giorno dopo giorno, ne fece una sfera. Quando raggiunse le dimensioni adatte, fece benedire la sfera, dopodiché la utilizzò come pallottola per porre fine ai suoi giorni. E adesso la chiudo).
Il titolo integrale di questi Crimini letterari di Nodier recita: Questioni di letteratura legale. Del plagio. Della presunzione d’autore, delle contraffazioni che riguardano i libri. Opera che può far da seguito al Dizionario degli anonimi e a tutte le bibliografie. Eppure questi crimini, come la condotta irresponsabile dello stesso accusatore lascia intuire, sono se non necessari, quanto meno inevitabili per la sopravvivenza della Repubblica delle Lettere. Ci sono infatti varie sfumature, vari livelli e attenuanti per i crimini letterari. Si va dalle citazioni ai riferimenti, dalle filiazioni agli incroci, dalle sovrapposizioni agli echi, senza dimenticare le eredità, le tradizioni, le imitazioni, le interpolazioni, le allusioni, le affinità, fino ad arrivare ai crimini veri e propri. Il plagio consapevole e il furto con destrezza.
Nodier nella sua opera espone ogni tipo di crimine, appunto dal meno grave, fino all’efferato ‘cambio di titolo’ (crimine maldestro, dettato con goffaggine più dalla pigrizia che da un’intelligenza furbesca). Può essere visto come l’antecedente di quel Palinsesti di Gérard Genette, che è la bibbia di chiunque voglia addentrarsi nell’intricata foresta della letteratura, nella quale sembra che ogni ramo contorto congiunga ogni pianta all’altra, in un indistinguibile arabesco di liane tentacolari e frutti incrociati che cadono in un sottobosco ricco di un humus comune. Ogni opera come palinsesto quindi, come quelle tavolette che venivano cancellate per essere sovrascritte e sotto traccia, tra le righe, rimaneva l’ombra della scrittura precedente, impossibile da cancellare e da dimenticare.
Questo perché forse più nulla si è inventato dopo Omero e dopo la cultura greca, con i suoi miti e personaggi dominanti, già a loro volta ripetizioni di leggende orali cantate dai rapsodi. Tutta la letteratura successiva, dalla latina ai giorni nostri, non sarebbe che una continua riscrittura degli stessi temi, degli stessi miti. Ecco il perché dell’inevitabilità dei crimini letterari, fors’anche il motivo della loro necessità per la sopravvivenza del genere.
Non era Paul Valéry che in Tel Quel diceva «Rien de plus original, rien de plus soi que de se nourrir des autres. Mais il faut le digérer. Le lion est fait de mouton assimilé». Naturale quindi, ma bisogna digerire ciò di cui ci si nutre. E in quella digestione, c’è tutto il concetto del lavorìo letterario, necessario a rendere l’opera originale e a camuffare il nutrimento originario, per nascondere ogni traccia del misfatto.
Un grande insegnamento viene quindi da questo piccolo saggio. Nulla si crea, nulla si distrugge. Non più, almeno dopo la creazione originaria. Dopo la parola creatrice di Dio infatti, secondo alcuni miti, tutto il resto non è che ripetizione. Ed è anche un insegnamento l’ironia involontaria che vuole questo libro scritto proprio da un criminale, della peggiore specie, perché nella Repubblica delle Lettere, dove nessuna parola è l’ultima né è vangelo, nonostante la presunzione d’innocenza, chi è senza peccato originale, scagli la prima pietra.
P.s. questa recensione non è che la fedele traslitterazione, parola per parola, di un articolo pubblicato nel 2011 in una nota rivista italiana. Cambia solo il nome dell’autore.
Charles Nodier
Crimini Letterari
Titolo Originale: Questions de littérature légale. Du plagiat. De la supposition d’auteurs, des supercheries qui ont rapport aux livres. Ouvrage qui peut servir de suite au Dictionnaire des anonymes et à toutes les bibliographies
Traduzione di Andrea L. Carbone
Editore :duepunti
Anno 2010