Il teatro, sia tragico che comico, è un genere senza precedenti nelle culture anteriori a quella greca. Quest’invenzione rappresenta un lascito irrinunciabile alla tradizione occidentale ed è l’espressione più genuina della cultura ateniese di V secolo. Come afferma Walter Nastle:

“la tragedia nasce quando si comincia a guardare il mito con gli occhi del cittadino”.

Teatro GrecoIl teatro greco ripropone le figure del mito, ma tali personaggi, materializzandosi sul palcoscenico, agiscono in prima persona senza il bisogno che un narratore tessa le trame della storia. Sono gli stessi attori a rappresentare le loro vite e a parlare direttamente in prima persona.

Mentre l’epica è narrazione, la tragedia è azione e i personaggi acquisiscono una vita psicologica. Attraverso l’azione, la mente e le emozioni umane sono indagate nella loro profondità. Gli eroi del teatro combattono, si amano, discutono, piangono, ridono… riducono la distanza prima incolmabile tra spettatori e mito e rendono la trama più complessa e profonda.

Gli attori, inizialmente costituiti dagli stessi poeti e in seguito ai progressi della tecnica teatrale sostituiti con figure di professionisti, indossavano una maschera. Quest’ultima aveva un valore religioso e magico, consentendo la trasfigurazione dell’attore nel personaggio della storia. La maschera consentiva la rappresentazione del personaggio sul palcoscenico e permetteva la finzione del teatro.

Attori Teatro GrecoL’esperienza teatrale coinvolgeva l’intera città e aveva un aspetto fortemente rituale. Le rappresentazioni si svolgevano all’interno della festa religiosa in onore di Dioniso ed erano un servizio pubblico e di massa. Gli allestimenti teatrali erano finanziati dagli uomini politici più importanti e il teatro coinvolgeva gli spettatori-cittadini in una riflessione collettiva sui problemi contemporanei. La città aiutava anche i cittadini meno abbienti con un contributo perché potessero pagare il biglietto d’ingresso.

Le rappresentazioni erano un riflesso delle dinamiche della città, ma i testi teatrali antichi si proiettano anche al di là del preciso momento storico e pongono tuttora problemi sul destino umano. In particolare, le tragedie avevano come temi la scelta, il destino, il dolore e i più grandi tragediografi greci sono Eschilo, Sofocle e Euripide.

Non c’era una risposta alle sofferenze umane che la tragedia rappresentava: dolore e infelicità sono una parte inevitabile dell’esperienza umana. L’eroe tragico agisce essendo consapevole della propria sorte sventurata e dell’infelicità futura. Per i protagonisti la vita è una sfida senza illusioni.

Secondo Aristotele:

“la tragedia attraverso la pietà e il terrore produce la purificazione dalle emozioni”.

Attraverso la catarsi, lo spettatore si immedesima con il protagonista, provando empatia per la sua sorte, ma poi se ne distacca, consapevole dei diversi piani tra platea e palcoscenico. Identificandosi con le emozioni rappresentate sulla scena e distanziandosene, lo spettatore impara e prova piacere.

La vera forza della tragedia e del teatro risiede tuttavia nella capacità di travalicare l’occasione, ponendo problemi e sollevando domande che coinvolgono il destino umano e che hanno il fascino e la capacità di essere sempre e ancora attuali.

Antigone