Cara casa editrice Sellerio, posso suggerirti il testo per la fascetta del prossimo libro di Antonio Manzini? “Attenzione, le storie di Rocco Schiavone creano dipendenza”.

La bellezza delle storie, il disegno dei personaggi, la fortunata trasposizione televisiva (alla quale Manzini collabora come sceneggiatore) sono gli ingredienti di un successo ormai consolidato.

Non si sottrae a questo effetto di dipendenza “Ah l’amore, l’amore”, pubblicato lo scorso 9 gennaio e già in cima alle classifiche di vendita del nostro Paese. Il vicequestore Schiavone è alle prese stavolta con un presunto caso di malasanità (la morte di un imprenditore sotto i ferri di un illustre chirurgo), vissuto da dentro l’ospedale. Perché lui stesso è ricoverato: gli è stato asportato un rene dopo una sparatoria. Schiavone è il paziente meno paziente che si possa immaginare. Odia il vicino di letto molesto, odia il cibo che gli propinano. Ma neanche al bar trova soddisfazione:

Qualche panino incellofanato, per Schiavone orrore puro, vomitava un’insalatina stitica schiacciata su un ripieno di un colorito violaceo tendente al grigio roseo. Rocco era convinto si trattasse dei resti della sala chirurgica, fegati, polmoni, aorte, grassi di liposuzione. Magari avevano messo anche il suo rene quattro giorni prima nei sandwich.

Soprattutto deve fare i conti con la morte – accorgendosi di non averne così paura – e con la nuova condizione fisica.

Anche lui perdeva parti del corpo, si lasciava dietro pezzi di carne, sangue, amori, amici, la sua città. Aveva sentito dire a suo padre decine di volte: “Dio mio, quando tocca a me fammene anda’ via tutto intero”. Rocco credeva che si riferisse agli arti del suo corpo. Invece parlava anche di sua moglie, dei suoi figli (…), cioè integro nel fisico e negli affetti. A suo padre era riuscito. A lui no e non c’era modo di tornare indietro. Se n’erano andati tutti, uno alla volta, e lo stillicidio pareva non finire mai.

Mentre si interroga sul significato stesso della vita, non rinuncia a indagare sul decesso di Renato Sirchia.

I protagonisti della versione televisiva

Bloccato dentro il nosocomio, Rocco deve appoggiarsi maggiormente alla sua sgangherata squadra. Che in questo libro – mi perdonerà Manzini se leggerà questa recensione – assomiglia sempre di più a quella della versione tv. In un gioco degli specchi già sperimentato con il Montalbano di Camilleri, la distanza tra la coerente volontà dello scrittore e la resa televisiva praticamente si annulla. Così quando leggi di D’Intino vedi Christian Ginepro. E lo Schiavone che manda a quel paese il suo compagno di camera ha la livida espressione di Marco Giallini.

Senza entrare nei dettagli della trama – è pur sempre un giallo – un cenno merita la scelta del titolo. Perché nonostante il freddo di Aosta, acuito dal fatto che la vicenda è ambientata nei giorni che precedono il Capodanno, molti personaggi sono travolti dal caldo vento della passione. C’è chi esagera, con tre storie parallele da gestire, chi si comporta come un adolescente alle prime armi, chi trasforma una competizione professionale in attrazione. E lo stesso Rocco comincia a vedere sempre di meno il fantasma di Marina…

Autore: Antonio Manzini
Titolo: Ah l’amore l’amore
Editore: Sellerio
Pagine: 352
Anno: 2020