Ginzburg fa una letteratura di piccole storie e grandi dolori; crea un mondo intimo e totalizzante a partire da “un’infanzia esplosa”, un abbandono, una ferita originaria; racconta la timidezza e la sfacciataggine, la fatica e la crescita, il desiderio di proteggere e il bisogno di proteggersi, fino a raggiungere una nuova verità: togliersi di dosso il carapace con cui ogni giorno ci difendiamo è un gesto di libertà che può, all’improvviso, donarci la cara pace di una nuova coscienza e di una raggiunta pienezza.

Sono queste le parole con cui Nadia Terranova candida l’ultimo romanzo di Lisa Ginzburg al Premio Strega 2021, Cara pace (Ponte alle Grazie), un titolo che dietro l’apparente immediatezza di un binomio familiare nasconde un arguto gioco di parole, fil rouge dell’intera vicenda.

Maddalena e Nina crescono senza genitori. Non sono orfane, bensì vittime silenziose di scellerati genitori incapaci di assumersi la responsabilità del proprio ruolo e delle scelte compiute.

Nella solitudine che occupa le intercapedini delle loro giornate, militarmente scandite dagli esercizi ginnici voluti dalla Mylène, la loro governante, Maddi e Nina si bastano, si completano, si sostengono.

Timida, posata e riflessiva, Maddalena osserva la sorella minore, così diversa da sé¸ capricciosa, scostante, egocentrica nel fascino che esercita in chi la circonda. La voce narrante di Maddalena ripercorre le tappe della loro infanzia a Roma, nell’appartamento di via di Villa Pamphili, evocando nel filo dei ricordi l’intimità di sorelle dalla quale Seba e Gloria, genitori lontani, appaiono eternamente esclusi.

«Mi fido solo di te, Maddi. In tutto questo casino, solo di te» aveva detto Nina.
Il mare in lontananza era scuro, lo aveva scrutato restando in silenzio. A parlare bastavamo noi, noi lì, sorelle, sotto quella volta nera tra isola e acqua.

Litigate, segreti bisbigliati, amori fugaci e solitudini amare: Lisa Ginzburg non tralascia alcun dettaglio nel suo romanzo famigliare, capace di istituire un ambiguo gioco di specchi tra le due sorelle, in cui una si confonde nell’altra, dove ombre e luci di due caratteri opposti si mescolano nelle vicende narrate.

Ninamolle, come scherzosamente la chiama Maddadura, brucia le tappe, scivola nella vita, corre verso le emozioni forti, incurante verso sofferenza che il suo incedere per balzi lascia dietro di sé, indifferente verso le ferite che infligge a chi la cerca. E Maddi la osserva, la studia, chiusa nel suo nascondiglio segreto, un carapace di ricordi che la protegge e isola dalle sferzate della realtà, dall’irruenza tagliente della sorella.

Attivare il corpo: disciplina, sponda. In questa mia vita solitaria della tenacia nel dinamismo fisico ho fatto il mio scudo.

Il lettore partecipa di questo binomio famigliare attraverso gli occhi di Maddalena, trasferitasi a Parigi dopo gli studi e dove conduce una vita separata da Nina, invece volata a Brooklyn da un gallerista d’arte. Ma la distanza fisica tra le due sorelle è presto colmata da una sequenza ininterrotta di chiamate e massaggi, di bip e squilli che annulla lo spazio tra loro, che le riporta a condividere quel loro appartamento di Roma.

Dove finivo io e dove cominciava Nina? Anche adesso che viviamo lontane, ai due capi del mondo, ci sono giorni in cui sento riaffiorare la vertigine di quell’interrogativo. Come io fossi lei, e lei me.

Esiste una Maddi senza Nina?, si chiede Maddalena.
Solo un viaggio a Roma, lasciata anni prima per la Francia, potrà darle la risposta che cerca.

Autore: Lisa Ginzburg
Titolo: Cara pace
Editore: Ponte alle Grazie
Anno: 2020
Pagine: 256