Un viaggio alla ricerca della libertà e della fede (perduta) in se stessa, ritratto spietato e lirico di famiglia in un interno claustrofobico, questi gli ingredienti di “Figlia di un dio svogliato”, il primo romanzo di Giulia Calore, giovane e promettente scrittrice.

A vederla parlare del suo libro “Figlia di un dio svogliato“, Giulia Calore, grandi occhi scuri e riccioli neri ribelli, ispira un senso di tenerezza: stimolata dalle domande mirate della scrittrice/giornalista Carla Menaldo, a prima vista potrebbe sembrare una timida studentessa agli esami di maturità, ma appena le viene chiesto quanto si identifichi in Sara, la protagonista di questo suo primo romanzo, lo sguardo le si accende e le parole si rincorrono in una descrizione appassionata di una ragazza che per molti aspetti le somiglia e dalla quale, per sua stessa ammissione, ha faticato ad affrancarsi una volta completata la stesura del libro.

La storia, a tratti autobiografica, si svolge all’interno di una famiglia completamente votata a una congregazione religiosa che nel libro viene rappresentata come “La Voce”. Sara intraprende un suo personale viaggio impervio e sofferto, alla ricerca di una propria identità, della libertà di essere se stessa (…“L’invisibilità che mi contraddistingue mi tiene immersa in una vita non mia, di cui mi hanno rivestita ma che non fa altro che nascondermi”); una vita, quella di Sara, da afferrare a piene mani, una vita non più da comparsa ma da protagonista, finalmente svincolata dal “placet” della “Madre” (appellativo che Sara attribuisce alla figura materna quasi a prenderne le distanze), “sacerdotessa” asservita a un dio svogliato, non amorevole padre ma patrigno distratto (…“Mi sentivo una” tiepida cristiana vomitata da Dio, rigurgitata malamente in una vita di ragazza che non mi appartiene”…Io mi sento figlia di un dio svogliato”).

La scrittura di Giulia é asciutta, scarna, ma offre momenti di grande liricità quando la protagonista si lascia andare palesando la propria fame d’affetto, il desiderio assoluto di essere accettata e amata soprattutto dalla “Madre” della quale si sente “orfana” dalla nascita interrogandosi se riuscirà mai a odiarla.

La descrizione dei personaggi che ruotano intorno a Sara é puntuale, precisa e spietata: l’affresco di una famiglia, ma in senso esteso anche di una società, che si nutre di ipocrisia, che usa la religione come paravento di desideri rigettati e fatti convergere in un conformismo in cui “La Voce” fa da sceneggiatrice e regista.

“In fondo io sono scappata dalla madre non dal cielo che con il suo Dio é sempre sopra la mia testa ovunque vada”, dice la protagonista facendo il bilancio di un percorso che la porterà a trovare l’amore in Peter un ragazzo tanto lontano dal suo mondo quanto vicino, con la sua spontaneità e semplicità, all’anima indomita e guerriera di questa ragazza che osa sfidare le regole imposte per trovare finalmente una felicità farcita di leggerezza: “Tra Cielo e Terra ho imparato ad amare, anche se poco, anche se male, ma ho scoperto che posso e questo fa di me i n f i n i t o.”

Un libro imperdibile perché é un diario di ribellione che sradica le nostre certezze per riedificarle con una nuova consapevolezza, un invito a “seguirsi” sempre, per ritrovarsi scevri da inutili sensi di colpa e rivendicare il diritto di esistere nella libera espressione di noi stessi.

Autore: Giulia Calore
Titolo: Figlia di un dio svogliato
Editore: Cleup
Anno: 2014