La bellezza salverà davvero il mondo? Il principe Miškin nell’Idiota di Dostoevskij ne era convinto. Anche la signorina Ley, brillante esponente dell’aristocrazia inglese, pensava la stessa cosa. Probabilmente è l’aspirazione all’assoluto (il bello appunto, nella sua forma più alta ed astratta), intesa come ricerca di quel quid in grado di rendere la vita eccezionale al di la della semplice (e spesso banale o mediocre) quotidianità, ad accomunare quello che è probabilmente il più grande scrittore russo di ogni tempo e William Somerset Maugham, medico e scrittore inglese attivo soprattutto nella prima metà del secolo scorso.
La signorina Ley, deus ex machina della Giostra, è un personaggio estremamente interessante: non si può dire sia la protagonista di questo romanzo, ma in un certo senso lo è, o almeno è il nodo che tiene assieme tutte le vicende narrate, e con esse i suoi protagonisti. Donna non più giovane, la signorina Ley è un essere illuminato, se così si può dire, estremamente realista fino a raggiungere le soglie del materialismo ma mai antipatica o cinica. Sembra sapere sempre quale sia la cosa giusta da fare, anche quando ciò richiede metodi che potrebbero sembrare eccessivamente duri o indelicati. Non è sposata e va fiera della sua libertà, anche se a volte da l’idea che libertà sia sinonimo di solitudine, quasi come se le persone in grado di distinguersi dalla massa grazie al loro pensiero siano destinate ai margini di quella società che hanno compreso così profondamente ed in parte rifiutato. Probabilmente i momenti più alti di questo romanzo sono rappresentati dai dialoghi fra Mary Ley ed il dottor Frank Hurrel (probabilmente un personaggio con tratti autobiografici, anche Maugham era un dottore), dialoghi che spesso e volentieri riguardano i massimi sistemi e che danno un tocco di esistenzialismo alla narrazione; questo non significa che la trama non sia di qualità, solo che quest’ultima non rappresenta probabilmente la parte più profonda e significativa del romanzo.
Scritto in un periodo di cambiamenti profondi nella società inglese (l’era vittoriana era appena terminata), La giostra può essere descritto come un elaborato romanzo d’appendice che tuttavia scava in profondità e riesce a dare soddisfazioni anche a chi non cerca nella lettura soltanto intrattenimento. La Londra borghese degli inizi del 900, una società ipocrita, vittima dei propri pregiudizi e regolata dal dio denaro, fa da sfondo alle vicende di tre coppie che, dopo varie peripezie, troveranno il loro destino, non sempre felice. L’intreccio è assai gradevole e non privo di pathos e colpi di scena anche se non troppo distante da quelli che erano i cliché letterari dell’epoca. La lettura scorre veloce e piacevole grazie sia al brillante modo di scrivere di Maugham sia grazie all’ottima traduzione di Walter Mauro, ma quello che colpisce di più è la vividezza con cui i personaggi vengono tratteggiati. Ogni singolo può essere visto non solo come un essere umano con le sue debolezze e le sue qualità irrimediabilmente legato all’epoca in cui vive, ma anche come un simbolo sociale di talune qualità o difetti: alcuni attori tenteranno disperatamente di ribellarsi ai pregiudizi dell’epoca, altri ne sono vittime, a volte inconsapevolmente, e rappresenteranno per tutta la durata del romanzo quelle calcificazioni sociali ed antropologiche che spesso risultano insuperabili e precludono l’avanzata del progressismo. Fondamentale risulta il trittico marito-moglie-amante: nessuna coppia risulta veramente tale, ma ognuna gode di un’unicità che la rende interessante e degna di analisi, soprattutto se analizzata non in compartimenti stagni, ma legata a quella Londra post vittoriana che quasi sempre appare come un personaggio in carne ed ossa più che come una location.
Un tale miscuglio sarebbe potuto risultare stucchevole e oltremodo frivolo se non fosse stato diretto da una mano attenta e sapiente, ed è qui che a Maugham riesce il vero miracolo, rendere quello che superficialmente potrebbe sembrare un romanzo d’appendice sui generis un affresco sociale ed antropologico di notevole profondità senza tuttavia emettere giudizi o verdetti, quasi con distacco scientifico (deformazione professionale?). Il risultato è una rappresentazione del vero senza fascinazioni naturalistiche, un romanzo con dei protagonisti nei quali è facile identificarsi, sia positivamente che negativamente, in grado di far riflettere e divertire allo stesso tempo.
La signorina Ley afferma che con i soldi si soffre meglio. Quella che può sembrare un’affermazione cinica e fredda nasconde in verità ciò che l’occhio metà umano e metà scientifico di Maugham è riuscito a cogliere magnificamente, ovvero che nella vita ci vuole equilibrio, perché la ricerca del bello, i sogni e i desideri di cambiare il mondo e di lasciare un segno nella società in cui si vive sono la benzina che permette di andare avanti giorno dopo giorno in un mondo a volte gretto e brutale, ma questa benzina non è disponibile gratuitamente, costa, e di conseguenza è indispensabile un buon pizzico di praticità.
Autore: William Somerset Maugham
Titolo originale: The Merry Go-Round
Traduzione di Walter Mauro
Casa editrice: Newton & Compton
Anno: 1995