Talvolta per apprendere la storia di un Paese non è sufficiente documentarsi in Internet o attraverso le riviste e i carteggi; è necessario viaggiare, andare alla scoperta dei territori dove il passato ha lasciato il segno, dove la traccia è ancora calda, dove il destino di domani cova sotto la cenere. Occorre ascoltare i racconti delle persone che si incontrano lungo il cammino, interrogarsi sui nomi delle piazze principali, toccare con mano il lento e faticoso ritorno alla normalità, affinché non prenda il sopravvento il sentimento più pericoloso: l’indifferenza.

Queste sono le ragioni che spingono Alessandro Bertante – autore de “Gli ultimi ragazzi del secolo” (Giunti), finalista Premio Campiello 2016 – a compiere nel luglio del 1996 un viaggio con l’amico Davide a bordo di una vecchia Panda marrone lungo i territori sfregiati dalla Guerra nei Balcani.

Il racconto dell’esperienza in Bosnia ed Erzegovina si alterna ad un’altra intensa memoria, che risale alla Milano metropoli degli anni Ottanta, quando il giovane Alessandro viveva il boom economico dell’Italia postmoderna, caratterizzato dall’esplosione della tv commerciale, dall’arrivo dei punk ma anche dalla piaga dell’eroina e dell’Aids.

Ecco che due trame all’apparenza così distanti tra loro rivelano un comune denominatore, quel profondo senso di insoddisfazione che pervade una generazione cresciuta col mito delle contestazioni studentesche e delle lotte sindacali del Sessantotto, ora relegate nei racconti mitizzati dei trentenni e nelle rievocazioni dei giornali.

«Eravamo i giovani di Milano Metropoli degli anni Ottanta ma della nostra gioventù non sapevamo che farcene, cresciuti nell’erosione della capitale morale, senza memoria, senza maestri, braccati dall’eroina».

Pagina dopo pagina Bertante con una prosa di rara limpidezza sgretola anni di false propagande, a cominciare dalla guerra nella ex Jugoslavia, raccontata al mondo occidentale come un conflitto inter etnico tra serbi, croati e musulmani, e invece scaturita da meri interessi economici; svela ai lettori le drammatiche conseguenze del benessere italiano degli anni Ottanta, fatto da gruppi di adolescenti che ingannavano il tempo fumando cannabis, compiendo atti di vandalismo, risse e piccoli furti. Giovani tra i quindici e i venticinque anni in cerca di forti emozioni, che sempre più spesso si traducevano nel consumo di cocaina, acidi e pastiglie di ogni genere, per poi concludersi con l’eroina e la drammatica novità del decennio, protagonista delle prime pubblicità progresso: l’Aids. Si poteva morire per colpa delle cattive compagnie, ma nessuno lo aveva ancora raccontato.

Nonostante un sotteso compiacimento per la disfatta generazionale, l’autore lascia un piccolo spiraglio di fiducia per il futuro, rappresentato dal tuffo di trenta metri di un ragazzino di Mostar, che riemergendo dalle acque della Neretva col pugno al cielo, mostra ai soldati presenti la voglia di riscatto di un’intera popolazione. Sono queste le descrizioni – insieme alle serate trascorse al Leoncavallo e all’Helter Skelter – che fanno de Gli ultimi ragazzi del secolo un romanzo da leggere tutto d’un fiato, fortemente consigliato a chi cerca di conoscere la vera storia e non vuole cadere nel pericolo dell’indifferenza.

Autore: Alessandro Bertante
Titolo: Gli ultimi ragazzi del secolo
Editore: Giunti
Anno: 2016