Il Potere del Cane di Thomas Savage (1915-2003) è un romanzo americano che non siamo abituati a vedere nelle librerie. Secondo me invece ha tutto il diritto di stare vicino ad altri grandi nomi come Philip Roth e Jonathan Franzen.

Siamo nel 1924 nel selvaggio west americano e i fratelli George e Phil Burbank sono i proprietari di uno dei ranch più importanti del Montana. Di fronte alla loro proprietà c’è una collina che ricorda un cane che corre.

Nelle rocce della collina che si ergeva di fronte al ranch, nelle macchie di cespugli che deturpavano il pendio come acne, vedeva la forma sconcertante di un cane in corsa. Le snelle zampe posteriori lanciavano avanti le spalle poderose; il muso era abbassato all’inseguimento di qualcosa, una creatura spaventata – magari – che scappava tra gli anfratti e le ombre delle colline del nord. Ma Phil non aveva dubbi sull’esito dell’inseguimento. Il cane si sarebbe impossessato della preda.

Il legame tra George e Phil sembra rimasto a quando erano bambini e vivevano nella grande casa fatta di tronchi con i loro genitori: dormono ancora nella stessa stanza che dividevano da ragazzi, mangiano sempre nel salone padronale e scambiano conversazioni che si ripetono simili ogni giorno.

Phil è dotato di una spiccata intelligenza rinomata al punto che tutti hanno sempre pensato di vederlo eccellere negli studi e diventare qualcuno di importante. Ma una vena nostalgica verso “i vecchi tempi” che ricorda di continuo e l’ammirazione per il suo mentore Bronco Henry lo hanno bloccato a gestire il ranch di famiglia con suo fratello.

Il suo saper leggere nelle persone lo rende un capo rispettato e preso come esempio dagli altri cowboy che lavorano per i Burbank. Lo aspettano sempre a fine giornata e non iniziano mai a mangiare se lui non è seduto a tavola con loro. Malgrado sia tra gli uomini più ricchi del Montana è trascurato e non si concede nessuna comodità, nemmeno una sella nuova per cavalcare durante lo spostamento delle mandrie.

Così viveva Phil – osservava, notava, deduceva – mentre il resto di noi vede e dimentica.

George invece è timido e taciturno fin dall’infanzia. Non è dotato della stessa intelligenza di Phil e fin dalle prime pagine è descritto come un uomo semplice e buono.

La scossa ne Il Potere del Cane arriva quando George sorprende Phil (e noi lettori) sposando Rose Gordon, vedova di un medico morto suicida pochi anni prima. Rose di trasferisce con il figlio Peter nel ranch dei Burbank diventando la signora della casa, rompendo il rapporto infantile che lega i due fratelli.

Phil pensa che rudezza e mascolinità siano tratti del carattere fondamentali per chi vive in un ranch, caratteristiche che stridono con la delicatezza quasi effeminata del giovane Peter Gordon.

Ma il vero bersaglio della sua sadica intelligenza sarà Rose, delicata e fragile come il nome che porta. George in questo quadro sembra non vedere la cattiveria che Phil riserva alla moglie sotto forma di gelidi sguardi e frasi non dette su ogni cosa che fa. Per intere pagine risulta separato dalla narrazione.

Da qui si gettano le basi per un dramma familiare che mescola nostalgia per il passato, dipendenze affettive e alcolismo. Sullo sfondo c’è sempre la collina che ricorda un cane che scappa, una sorta di avvertimento a tutta la famiglia per quello che accadrà.

Autore: Thomas Savage
Titolo: Il Potere del Cane
Titolo originale: The Power of the Dog
Editore: Neri Pozza | Collana: Bloom
Anno: 1967


Da Il Potere del Cane è stato tratto anche un film disponibile su Netflix scritto e diretto da Jane Campion. Il cast è veramente d’eccezione: Benedict Cumberbatch interpreta Phil Burbank e Kirsten Dunst è Rose Gordon.