Esistono milioni di libri, ogni giorno ne vengono stampati altri, moltissimi altri, e l’idea che nella mia vita non riuscirò a leggere tutti quelli che vorrei mi perseguita fin da ragazzo. 

Marco Vichi inizia con queste parole l’introduzione al libro John Fante, Fuori dalla polvere (per i tipi bravissimi di Clichy) e racconta la sua scoperta dello scrittore italo-americano che ha aperto nuove finestre di conoscenza sul mondo e su se stesso.

Nella prefazione a Chiedi alla polvere, Charles Bukowski esprime la sua totale ammirazione per Fante, che paragona all’oro nell’immondezzaio cittadino:

Le parole scorrevano con facilità. In un flusso ininterrotto. Ognuna aveva la sua energia ed era seguita da un’altra simile. La sostanza di ogni frase dava forma alla pagina e l’insieme risultava come scavato dentro di essa. Ecco, finalmente uno scrittore che non aveva paura delle emozioni.

Marco Vichi ha incontrato John Fante per caso, vagando con lo sguardo sugli scaffali di una libreria di amici.

È uno di quegli scrittori che colmano il vuoto e il senso di impotenza di fronte ai milioni di libri che sono stati scritti e che non riusciremo mai a leggere. La sua molecola narrativa era sana, garantiva la qualità della scrittura, e anche la capacità di penetrare le cose con la micidiale leggerezza dell’ironia. Il piacere che provavo era davvero grande. 

Marco Vichi dà voce alla propria passione per John Fante ripercorrendo la vita e i temi principali dello scrittore tanto amato attraverso i suoi stessi scritti. Il libro non segue il normale sviluppo biografico e cronologico ma si articola in capitoli chiave: La scrittura, Infanzia e giovinezza, In famiglia, Le donne, L’amore. Le foto di John Fante concesse dai figli Dan e Victoria accompagnano le parole dell’autore.

Nella sezione La scrittura è riportato un passo di La confraternita dell’uva, in cui Fante racconta della scoperta di Dostoevskij:

Reggevo il suo libro tra le mani e tremavo mentre mi parlava dell’uomo e del mondo, d’amore e di saggezza, di delitto e di castigo, e capii che non sarei mai più stato lo stesso.

In Lettere 1932-1981 confida le difficoltà che incontra nello scrivere, cercando conforto per un problema che anche i più grandi scrittori, anche se sembra impossibile, hanno dovuto affrontare:

Probabilmente hai indovinato. Sto avendo dei problemi con il mio libro. Oggi ho distrutto circa sessantamila parole, la fatica di tre mesi. Ero assolutamente stufo. Lo sono tuttora. Vorrei capire qual è il problema. Non riesco a identificarlo.

In Infanzia e giovinezza un passo di Chiedi alla polvere dà voce al complicato legame tra esperienza e scrittura:

Avevo vent’anni, allora. Che diavolo, dicevo, prenditela comoda, Bandini? Hai davanti a te dieci anni per scrivere un libro, vacci piano, allora, guardati attorno e impara qualcosa, gira per le strade. Il tuo guaio è che non sai niente della vita.

Parole e immagini si mescolano per dare forma a un collage piacevole e veloce, unitario e variegato. Un libro per gli amanti di Fante, che hanno già letto tutti i suoi libri, alcuni più di una volta, e non riescono ancora a saziarsi della sua scrittura. Un libro che, per chi ancora non conosce Fante, fa innamorare a poco a poco e lascia un’insaziabile voglia di andare oltre.

Niente ghirigori psicologici, niente spiegazioni troppo spiegate, o riflessioni compiaciute, nessuna traccia di giustificazioni, né vergogna di rivelarsi e di rivelare gli altri, dunque anche noi stessi che leggiamo. Fante non si nasconde, non c’è bisogno di andare a cercarlo dietro le parole, lui è lì, aperto come se fosse stato sbudellato, è davanti a noi, sfrontato e rabbioso, appassionato e tenero, buono e cattivo in modo violentemente umano.

Autore: Marco Vichi
Titolo: John Fante, Fuori dalla polvere
Editore: Edizioni Clichy
Anno: 2015