Quanto costa comprare una vita?
Golden Oaks, se appartieni alla classe sociale giusta, è la risposta per te.

Jane, giovane filippina immigrata negli States, mette insieme a fatica i pezzi della propria giornata, momentaneamente sospesa nella realtà transitoria del dormitorio nel Queens, sobborgo di New York. Costellano la sua esistenza precaria la cugina anziana, Evelyn, immigrata anni prima nella grande America e dai modi bruschi intagliati dalle lunghe notti di lavoro, e Amalia, detta Mali, la figlia appena nata, ignara delle brutture che l’aspettano oltre lo stipite della porta.

La vita di Jane oscilla tra lavori precari come baby nurse e domestica e momenti di cieco sconforto, abbandonata da un marito sposato troppo in fretta, schiacciata da una responsabilità materna che sembra impedirle di respirare.
Che fare?
Nel dormitorio non si crescono figli: quattro mura incerte che racchiudono decine di letti provvisori, vite di donne spezzate in attesa di riaggiustarsi.

Sono quasi tutte filippine, e molte sono madri che hanno lasciato i figli a casa. Adorano Amalia, l’unica bimba in mezzo a loro. L’unica bimba con una madre così disperata da portarla a vivere con lei in quel posto.

Questo significa non essere bianche, non essere americane, non avere alle spalle una solida educazione impartita dalle università del Paese. Jane non ha studiato, come tutte le filippine che in filigrana abitano le lussuose case delle classi sociali più agiate, ombre senza nome che sorreggono l’economia domestica. Solo le sue mani raccontano gli anni di lavoro trascorsi al servizio di signore altolocate, circonfuse da un’aura di ricchezza, distratte verso figli che considerano orpelli di una vita sopra le righe.

Così, licenziata dal suo ruolo di tata dai Carter, scivolata ancora una volta tra le pareti soffocanti del dormitorio, Jane accetta un nuovo incarico, sceglie di allontanarsi dalla figlia per poterle garantire un futuro migliore una volta ritornata.
Il nuovo datore di lavoro, però, non è più una moglie ingioiellata, disposta ad accogliere una filippina in casa pur di non accollarsi la gestione della prole ingombrante, bensì un progetto, un’azienda, una fabbrica. Qui si producono bambini.

A Jane viene proposto un incarico allettante, la promessa di un ricco bonus a fine impiego, celato dietro molteplici e rigide clausole di riservatezza: affittare il proprio giovane utero, affrontare una gravidanza al posto di un’altra donna, impossibilitata ad avere figli. Forse malata, forse troppo anziana, forse non disposta a rinunciare alla propria carriera per una maternità sformante.

«Io ce l’ho» dichiara Jane, pensando ad Amalia, a tutte le cose che potrebbe fare per lei e dalle quali potrebbe proteggerla, se ottenesse l’incarico. «Io ho la vocazione».

Jane viene così trascinata nei meccanismi oliati di Golden Oaks, una prigione dorata dalle quale non si può scappare una volta accettato di entrarvi: così ogni giorno le ricordano Reagan e Lisa, anche loro al pari di Jane delle Ospiti, come sono chiamate le madri a Golden Oaks, amiche incontrate nella vita asettica e controllata della Fabbrica.
Palestre, yoga, monitoraggio costante del feto, tutti i confort che ogni gestante potrebbe desiderare sono a disposizione delle Ospiti, eccetto, inevitabilmente, la libertà.

Un microcosmo di appuntamenti e visite mediche scandisce le giornate senza orario di Jane, scissa tra la volontà di portare avanti una gravidanza economica e il desiderio di rivedere sua figlia Mali, lasciata nelle mani dell’anziana Evelyn con la promessa di occuparsene.
Nel grembo tiene il figlio di un’estranea, mentre Mali cresce lontana dalle cure di Jane.

Edito da Ponte alle Grazie nei primi mesi del 2020, La Fabbrica è il romanzo d’esordio di Joanne Ramos, scrittrice di origini filippine e trasferitasi ancora bambina nel Winsconsin.
Così si racconta nella Nota dell’autrice a conclusione del volume:

Un giorno, mi sono resa conto che le uniche persone filippine che conoscevo a Manhattan, dove abitavo con la mia famiglia, erano quelle che lavoravano per i miei amici: baby nurse, tate, governanti, donne delle pulizie. Anch’io e mio marito, per un certo periodo, abbiamo avuto una meravigliosa tata filippina.

Laureata a Princeton e oggi membro del consiglio di amministrazione di The Moth, Joanne Ramos dà voce a un mondo di donne lasciate nel silenzio, ombre transitorie nel grande sogno americano, poste ai margini di una società che volge il proprio sguardo altrove.

Un romanzo che, nel ripercorrere le orme de Il racconto dell’ancella di Margaret Atwood, fotografa una realtà contemporanea e complessa affrontando la delicata tematica della maternità surrogata.

Autrice: Joanne Ramos
Titolo: La Fabbrica
Titolo originale: The Farm
Anno: 2020
Editore: Ponte alle Grazie
Pagine: 412