“Tu sei la mia amica geniale, devi diventare la più brava di tutti, maschi e femmine.”

Solo qualche giorno fa Roberto Saviano proponeva dalle colonne di La Repubblica la candidatura di Elena Ferrante – l’autrice senza volto, la sagoma, l’ombra che pure sta lasciando un segno indelebile nel panorama letterario nazionale e internazionale – al premio Strega, per, parole testuali, “sparigliare le carte in una gara ormai finta”.

Ferrante, di cui non si conosce con certezza quasi niente, nemmeno il sesso, non solo ha accettato, ma sembra aver colto sapientemente l’occasione per ribadire la sua concezione della letteratura, dei libri e del ruolo degli autori. I libri hanno una vita propria, una volta “partoriti” non hanno bisogno di un volto in carne e ossa che li rappresenti. Quando un libro è stato pubblicato chiunque può farne ciò che vuole – anche usarlo come arma critica contro le logiche infiacchite di uno dei più grandi premi letterari italiani.

Qualcuno, tuttavia, può chiedersi se è il caso di parlare di Elena Ferrante nella rubrica Donne e Letteratura. Dopotutto, tra le molte illazioni circa la sua vera identità spiccano quelle che la vogliono uomo nascosto dietro un nome di donna (in particolare sono stati chiamati in causa Domenico Starnone e Goffredo Fofi). Il punto, però, è un altro.

Se nel caso di Fred Vargas, protagonista del precedente articolo di questa rubrica, a incuriosirmi era stata proprio la domanda su chi sia questa donna dalle molte identità, riguardo a Elena Ferrante scoprire un nome o un volto non è la chiave per capire i suoi romanzi e non aggiunge niente alla sua poetica.

Nella quadrilogia de L’amica geniale, poi, Ferrante descrive in modo così brillante e appropriato l’universo femminile, scandagliandone l’intimità ma anche la realtà politica e sociale, che non c’è più spazio per niente altro. Non solo la vera identità di Ferrante, ma anche la sua vita sembrano quasi risucchiate dai suoi romanzi. Quello che leggiamo basta e avanza.

La quadrilogia de L’amica geniale narra, in quasi duemila pagine e quattro volumi, la storia di Elena (detta Lenù o Lenuccia) e Lina (detta Lila), amiche dall’infanzia alla vecchiaia, sullo sfondo di una Napoli (ma anche di un’Italia intera) un po’ bestia feroce e un po’ animale sacrificale, spaccata in due tra luci e ombre, progresso e regresso.

É la storia di un’amicizia, dunque, ma anche molto di più. C’è un rapporto simbiotico, di interdipendenza tra le due protagoniste: l’una, Elena, è la voce narrante, sempre presente, che rielabora gli eventi, li interpreta, e lascia così la sua impronta come se tentasse di ritrovarsi nelle sue stesse pagine. L’altra, Lina, è protagonista quasi invisibile, assente, filtrata dal racconto, attraversata da una tensione che si trasforma spesso in antagonismo e che sfocia in un unico obiettivo: sparire senza lasciare traccia, nemmeno un capello.

Lenuccia e Lila, da sagome di bambine delle elementari, si librano progressivamente sul rione di Napoli, stagliandosi sullo sfondo delle case scalcinate, delle botte, delle grida dei genitori e parenti, della nidiata di fratelli e sorelle. Le loro vite si dividono, si intrecciano, e si separano ancora. Soprattutto, Ferrante riesce con questi romanzi in un’impresa quasi impossibile: fare delle due protagoniste una, pur rendendo la relazione tra le due, nella loro diversità, il perno del suo racconto. Potremmo dire che l’una risplende alla luce del mistero dell’altra. Perché se un mistero c’è, è quello dell’Altro – e rimane da sempre il più intrigante.

Autore: Elena Ferrante
Titolo: L’amica geniale
Editore: E/O
Anno: 2011