Secondo le fonti statistiche europee, l’impatto della pandemia Covid-19 si è rivelato devastante soprattutto per la categoria femminile. Sono le donne le più colpite dagli effetti del Covid, quelle rimaste senza voce, senza aiuto e senza lavoro e che, più di tutti, hanno avvertito il senso di solitudine e il peso del ruolo sociale ed economico che rivestono nella società odierna.

Per questo Le Nuove Eroidi – che raccoglie i contributi delle scrittrici laria Bernardini, Caterina Bonvicini, Teresa Ciabatti, Antonella Lattanzi, Michela Murgia, Valeria Parrella, Veronica Raimo e Chiara Valerio – riscrittura moderna delle Heroides di Ovidio, rappresenta quasi un urlo liberatorio ai tempi del Covid e tocca tutti i drammi possibili vissuti dal mondo femminile passato e moderno.


Poco più di due mila anni fa, il poeta latino scrisse una raccolta epistolare di lettere poetiche intitolata Heroides: le eroine della mitologia greca e latina si rivolgevano ai loro compagni, mariti e amanti per dare sfogo alla propria voce, dopo che per secoli erano state le figure maschili a dominare la scena. Un’opera già moderna, quella ovidiana, pronta a rendere protagoniste le donne, le amanti, le madri, i loro dolori, il loro sogno di amori perduti.

Oggi, nel testo Le Nuove Eroidi, otto tra le più importanti scrittrici italiane nate negli anni ‘70 reinterpretano il classico di Ovidio e lo contestualizzano nel mondo contemporaneo. Così Antonella Lattanzi ci rende partecipi del processo in cui è coinvolta Fedra, Valeria Parrella dona voce a una Didone moderna, forte e consapevole della codardia di Enea, Ilaria Bernardini ci fa assistere alla tragedia di Ero e Leandro in fuga dal loro paese su un barcone. Veronica Raimo ci introduce in una chat erotica tra Laodamia e Protesilao, Caterina Bonvicini prende le veci di una Penelope che si è imbarcata per mare e salva rifugiati mentre Ulisse la aspetta ad Itaca.

La Fedra della Lattanzi si trova in tribunale, pronta a testimoniare dell’omicidio del figliastro Ippolito, di cui si è innamorata e che lei stessa ha falsamente accusato di violenza. Quando entra in aula, Fedra viene seguita dagli sguardi di chi assiste al processo, un pubblico di curiosi, pronti a postare le sue foto su Instagram e a condannarla ancor prima del suo interrogatorio.

«La gente sa tutto, ha visto tutto, anche quello che non sappiamo noi, anche quello che non abbiamo visto noi».

Ne verrà fuori l’immagine di un’amante, moglie e madre che confessa ogni cosa ai figli e acquisisce consapevolezza: i suoi figli, proprio perché sono e saranno sempre i suoi figli, la ameranno per sempre pur sapendola colpevole.

Nelle pagine successive, sbarchiamo a Cartagine dove la Didone di Valeria Parrella assume una veste completamente nuova, pur sempre introdotta dai versi in latino di Virgilio. La regina di Cartagine non è più una donna abbandonata e ferita. È Didone che lascia Enea e la sua ragion di stato.

«Tu non riesci a decidere: lo faccio io […]
Qui d’intorno è pieno di amiche che si sentono abbandonate – perchè lui è tornato dalla moglie; perché i miei figli cominciavano ad andare male a scuola […] beate loro che hanno tempo da perdere. Io no, devo pensare al regno».

Consapevole di perdere un uomo che non ha avuto davvero, anche per la sua posizione, Didone con le sue parole lascia spazio a un tema più attuale che mai: la parità di genere, argomento mal tollerato anche dagli stessi uomini.

«A star qui saresti stato meno re, poco re, consorte della regina».


Incontriamo poi Laodamia e Protesilao, protagonisti di una chat erotica. Un altro tema che, in tempi di Covid, è diventato ragione di incomprensione coniugale oltre che motivo predominante di separazioni. La nuova Laodamia, molto meno pudica della propria antenata, scambia messaggi erotici con il fantasma di Protesilao, lasciandosi eccitare dalla statua che aveva fatto costruire a immagine e somiglianza dopo la morte del marito.

«Confesso che mi lusingava la tua vanità, l’idea che ti fossi impegnato tanto a contrastare le palle per renderle artistiche, che avessi voluto trasformarti in una statua per me.»

Ricordate Penelope, la donna rimasta a casa a tessere la tela in attesa di Ulisse? Quella di Caterina Bonvicini è una donna diversa, intraprendente, questa volta, infatti, è Penelope a prendere il largo e salpa non con una nave qualunque, ma con Open Arms:

«Ciao Ulisse, stavolta parto io»

Viaggiamo con lei verso le coste libiche, la seguiamo nel suo nuovo lavoro di cuoca per l’equipaggio e i profughi. Vivendo la tragedia del mare, Penelope ripercorre la sua vita, la sua quotidianità:

«Amore mio, com’è bella la nostra vita. Com’è libera. Io me ne accorgo solo adesso, di questa bellezza. Noi abbiamo un passaporto, noi possiamo partire, noi possiamo rivederci. Loro no»

In ultimo, Michela Murgia e la sua Elena di Troia ci raccontano la fragilità dell’eroina passata alla storia come la donna della discordia storica, quella della Guerra di Troia. Come Fedra e Medea, anche Elena acquisisce l’arma della consapevolezza e trova, seppur con sofferenza, la forza di ammettere a se stessa e a un Paride immerso nel
sonno la verità
:

«Io ti amavo, tu invece amavi l’idea di avermi, ma se adesso ti svegliassi per dirtelo tu mi chiederesti qual è la differenza e io non saprei spiegartela».

Il suo non è vittimismo, Elena fa molto di più: ammette la colpa di un amore che l’ha portata a tradire se stessa, ma pur sempre un amore fedele perché sentito.

Di questi tempi fermarsi a riflettere diventa inevitabile: bloccati dal lockdown, chiusi in casa, alle prese con lo smart working e l’impossibilità di una vita normale siamo costretti inevitabilmente a fare i conti con noi stessi, proprio come le eroine di Ovidio.

Concedersi un momento per questo libro significa pensare a un’altra possibilità, a un finale diverso, a una vita pensata in modo differente, come nel caso di Penelope, a una riscrittura delle nostre esigenze private e non, come Didone conscia di avere un ruolo ben preciso e di volerlo mantenere partendo da ciò che ha e che ha costruito piuttosto che dall’incertezza, come Fedra, consapevole di un amore che avremmo dovuto permetterci prima e mai vissuto realmente, ma recuperato nella disperazione di un tradimento terminato in tragedia.

Per questo vale la pena leggerlo: per sentirsi meno sole, comprese e ascoltate e abbastanza forti da ricominciare.

Autrici: Ilaria Bernardini, Caterina Bonvicini, Teresa Ciabatti, Antonella Lattanzi, Michela Murgia, Valeria Parrella, Veronica Raimo e Chiara Valerio
Titolo: Le nuove Eroidi
Editore: Harper Collins
Anno: 2019
Pagine: 160