Le ore ha fatto parte della mia libreria immaginaria in cui conservo tutti i libri che vorrei prima o poi leggere per anni, forse da quando al liceo ho visto per la prima volta il film o da quando ho dovuto studiare La signora Dalloway per l’esame di letteratura inglese. Eppure solo recentemente, dopo aver letto Una casa alla fine del mondo (Bompiani 2003) e averlo inserito nella mia lista di libri preferiti, ho finalmente preso in mano il libro di Michael Cunningham.

Le ore segue tre donne, in tre epoche diverse e in tre momenti diversi della loro vita, che non hanno apparentemente nulla in comune, se non un libro: La signora Dalloway. Virginia Woolf, confinata nella sonnacchiosa Richmond da medici che ritengono che la tranquillità del luogo possa aiutarla a tenere sotto controllo la schizofrenia, nell’Inghilterra degli anni Venti, sta per iniziare a scrivere il romanzo. Laura Brown, casalinga americana degli anni Cinquanta, ha appena cominciato a leggerlo. Clarissa Vaughan, nella New York degli anni Novanta, sta vivendo il romanzo: come la protagonista di Virginia Woolf sta organizzando una festa – come lei la incontriamo per la prima volta quando esce di casa per comprare i fiori – e come lei è immersa nei ricordi di un tempo diverso, la sua giovinezza, e si interroga su ciò che ne è stato.

Al di là del romanzo della Woolf, vi è qualcos’altro che accomuna le tre protagoniste: sono donne forti, che non vogliono rinunciare a sé stesse, colte in un momento cruciale della loro vita.

Virginia Woolf lotta contro il demone della malattia mentale, le “voci” che minacciano di prendere possesso della sua mente e della sua vita. Proprio per cercare di mettere a tacere queste voci si è trasferita con il marito fuori Londra, ma il richiamo della città, della vita è troppo forte: Londra è possibilità, è libertà, arte, incontri. Londra è pazzia, ma a Richmond, prestando attenzione a tutto: senza scrivere troppo, senza stancarsi troppo, senza parlare troppo, sta morendo lentamente. E «meglio morire impazzendo completamente a Londra che evaporare nell’aria a Richmond» (p.56).

Laura Brown è intrappolata da una società che si aspetta che annulli sé stessa in nome del marito, dei figli, della casa, che sia felice di essere la perfetta madre e perfetta casalinga, ma non avere difetti, implica non avere desideri, opinioni, esistere. Laura non riesce a essere felice vivendo per gli altri. La casa perfetta, il marito perfetto, il figlio, non sono abbastanza. Leggere diventa l’unico modo per sopportare la realtà, non per dimenticare se stessi, bensì per non perdere se stessi, immergendosi per qualche ora in un universo alternativo.

Clarissa Vaughan sta organizzando una festa per l’amico Richard, malato di AIDS allo stadio terminale, che ha recentemente vinto un premio letterario. La sua giornata è popolata di ricordi e personaggi del passato, che si intrecciano al presente. Questa moderna signora Dalloway, sembra aver realizzato il sogno del personaggio di Virginia Woolf, e, in parte, delle altre due protagoniste del romanzo: poter essere libera, poter essere sé stessa, poter godere della vita e delle sue possibilità. Eppure l’avvicinarsi della morte di Richard la porta a interrogarsi sul passato, a chiedersi se le scelte compiute fossero quelle giuste.

Ma alla fine della giornata Clarissa è prima di tutto viva e innamorata della vita, triste, pensierosa, ma amante della vita e di quelle ore e persone che fanno sì che la vita sembri aprirsi e che tutto quello che abbiamo immaginato sia alla nostra portata.

Autore: Cunningham Michael
Titolo: Le ore
Titolo originale: The Hours
Traduzione: Cotroneo I.
Editore: Bompiani
Anno: 2001