È un gustoso esempio di romanzo di formazione il libro di Giulia De Rossi “Lezioni di leggerezza”, pubblicato qualche mese fa da Brè Edizioni.

Emma e Ludovica sono due ragazze di diciannove anni, studentesse a Venezia, che decidono di trascorrere un mese presso un istituto di Mosca per imparare e perfezionare la lingua in vista di un esame universitario. 

Emma – che assomiglia da vicino all’autrice del libro – ha lasciato in Italia il fidanzato, Marco, un legame forte arrivato dopo un periodo buio. Razionale, inquadrata, “perfettina”. Ludovica è il suo opposto.

“L’amicizia tra Ludo e me funzionava perché nessuna delle  due aspirava a diventare come l’altra, i miei pregi erano i suoi  difetti e viceversa.  Mi aveva spinto a uscire dal guscio di paura e asocialità fin  dalle prime settimane di università, quando mi aveva chiesto di  accompagnarla alla festa delle matricole… A volte parlavamo con tranquillità e, dal  nulla, ricevevo da lei risposte antipatiche e lapidarie, che accompagnava con un sorriso tanto più sadico e compiaciuto quanto  più stupito e agghiacciato era lo sguardo che descriveva la mia  reazione.  L’amicizia con Ludo aveva un equilibrio tutto suo: a volte,  sentivo il bisogno di fuggire lontano da lei e non sentirla. Ma poi  a cercarla ero sempre io, perché non frequentarla equivaleva a  perdere un pezzo di vita che valeva la pena di essere vissuta”.

Il viaggio in Russia mette alla prova i due caratteri. Tra una visita alla Cattedrale di San Basilio e alla Cattedrale di Cristo Salvatore, tra cene e locali notturni, le conoscenze tra i ragazzi che frequentano i corsi si intensificano. 

È soprattutto Emma, travolta dalla passione per Jacques, a interrogarsi sulla natura del suo rapporto con Marco.

“Ho incontrato Marco che avevo  quattordici anni e, anche se all’epoca ancora non lo sapevo, mi  ha salvato in un periodo in cui mi sentivo divorata dalla vergogna e dalla timidezza. Il nostro è stato un rapporto simbiotico,  soffocante, ché in quel momento avevamo bisogno di soffocarci  d’amore… Ho capito che il possesso non è amore, perché le persone non sono  oggetti di cui si può disporre”. 

Passaggi che fanno riflettere, anche alla luce dei terribili fatti di cronaca accaduti in Veneto nelle scorse settimane. Ma il tono del romanzo non è cupo: il mese in Russia è un viaggio alla riscoperta di luoghi, di scrittori, una immersione nell’arte e nella letteratura. E, come si diceva all’inizio, un riuscito omaggio ai dettami del Bildungsroman: il racconto dell’evoluzione di un personaggio verso la maturazione e l’età adulta, attraverso prove da superare, viaggi da affrontare, errori ed esperienze propri della crescita.