Assurdità della vita. Ma se c’è l’assurdità della vita, esiste pure l’assurdità della morte. La vita e, appunto, la morte, suo opposto, suo completamento.

Ecco dunque L’uomo che non riusciva a morire (NN Editore), l’ultima fatica letteraria di Tony Laudadio, autore di teatro e di cinema, oltre che scrittore, che altro non è che un viaggio profondo dentro l’assurdità della morte.

Cosa c’è infatti di più assurdo di una morte che non arriva quando il momento è propizio, quando è (finalmente, direbbe qualcuno) la volta buona, almeno secondo la ragione umana?

Ma non anticipiamo i tempi della trama: prima viene l’assurdità della vita.

Come quella percepita dal protagonista, l’anonimo io narrante, al quale, in un momento di buon successo professionale, malgrado una vigorìa fisica non disprezzabile per un cinquantenne, viene diagnosticato un cancro, malattia che si manifesta subdolamente sotto forma di un banale raffreddore, forse un’allergia.

Egli reagisce alla malattia con un insolito senso di autoironia e, perlomeno all’inizio del suo calvario, la morte gli sembrerà un’ipotesi così lontana da non doversene più di tanto curare.

Sarà proprio la forza dell’autoironia a consentirgli di non chiedere sostegno, ma di offrirlo ai propri cari, afflitti per il suo tragico destino, addirittura nelle fasi in cui la chemioterapia si rivelerà particolarmente aggressiva.

Ma anche per un malato terminale, questa forza può portare a conseguenze sgradevoli quando si trasforma in sicumera ed egoismo, come gli rimprovererà, non a torto, la moglie Anna.

Sono proprio il sarcasmo e il distacco palesati dal malato che rendono questo libro molto diverso dai classici papocchi lacrimevoli, letterari e cinematografici, che trattano l’argomento con scontate riflessioni sull’importanza delle piccole cose, la riscoperta tardiva di certi affetti, valori e via dicendo.

Complice un decorso della malattia di certo non favorevole, l’autore spinge l’acceleratore della narrazione verso la dipartita del protagonista, ovvero verso un epilogo assurdo e grottesco, che si manifesta, come accennato prima, con una morte che non vuole arrivare.

Il protagonista sarà più e più volte sul punto di morire ma riuscirà sempre a cavarsela all’ultimo fra il disappunto dei medici, feriti nel loro ego da previsioni continuamente disattese, e lo stupore dei parenti che, increduli spettatori di una pièce teatrale il cui atto finale è sempre rimandato, arriveranno a sentirsi più disorientati che disperati.

Un’opera tragicomica che di fatto non ha una fine vera e propria e nella quale la morte, unico rimedio possibile alle sofferenze del malato, appare spesso vicinissima, ma come una farfalla che costui tenta di acchiappare, volerà via all’ultimo istante, dispettosa.

Un libro complesso e intrigante, da leggere se non altro per cogliere l‘originalità con cui Tony Laudadio tratta un argomento difficile e spinoso come la malattia, specie quando è la morte l’unico rimedio per lenire il dolore. Ed è quindi desiderata.

PS: molto bella la selezione musicale del Songbook di questo libro, a cura di Danilo Di Termini.

Tony Laudadio
L’uomo che non riusciva a morire
NN Editore
2015