La giornata era limpida e il sole di settembre ancora caldo. La folla di appassionati al piccolo ippodromo di San Giorgio era in eccitazione per il fotofinish dell’ultima corsa a vendere. La massa colorata si agitava dietro la staccionata che delimitava la pista ovale, sulla quale i cavalli di bassa caratura avevano gareggiato per aprire la domenica di corse al galoppo.

Le urla e i fischi raggiunsero la zona riservata ai box, dove un buon numero di cavalli attendeva di potersi esibire in gare più importanti. Dall’ultimo finestrino del blocco contrassegnato con la lettera “D”, sporgeva la testa di un baio con le orecchie dritte. Le labbra giocavano con la maglietta di un uomo minuto.

“Cerca di fare il tuo dovere Multiply”, mormorò Virgilio allo stallone, “sennò siamo nella merda.”

Il baio agitò la testa scacciando le mosche.

L’uomo si passò l’avambraccio sulla fronte, si sedette sulla balla di paglia all’ingresso del box e prese a strofinare i finimenti con la spugna umida.

Lo stallone allungò il collo verso Virgilio.

“Ci farebbe proprio comodo, però non so se viene… vediamo.” L’uomo vuotò il secchio d’acqua sporca e alzò la testa quando l’altoparlante annunciò l’intervallo prima delle corse handicap.

“Signor Virgilio!” La voce stridula giunse dalla zona riservata agli spettatori. Una donna sotto un ampio cappello rosso passò decisa davanti alla guardia del cancello indicando il baio. “Il mio cavallo…”, disse mentre il ragazzo annuiva inebetito guardando i fianchi, nel tubino rosso, dirigersi verso il box dello stallone.

“È un piacere vederla, signora Milena, però non ho tempo ora, devo andare ai pesi.” Virgilio si asciugò le mani sui pantaloni e si avviò verso la macchina posteggiata qualche metro più in là.

“È lui?”, chiese la donna accarezzando il muso di Multiply.

Virgilio si chinò dentro la macchina e riemerse quasi subito stringendo un fagotto di panni colorati. “È lui.”, confermò infilandosi nel box accanto allo stallone.

“E l’offerta è ancora valida?”

“A quanto lo danno?”

La donna allungò il collo verso l’interno del box. “Alle scommesse? Tre.”

Virgilio s’infilò le braghe azzurre. “Non male…”, borbottò calzando gli stivali.

“Allora, quanto vuole?”

“Non so… adesso vedo che peso mi affibbiano… dipende…”

“Mah… è da un po’ che non vince, non le toccherà più di mezzo chilo.”

“Cara signora”, sbuffò Virgilio infilandosi la giubba azzurra con l’ampia fascia bianca sulla schiena, “le corse handicap vanno capite. Il peso aggiuntivo viene dato anche in base al potenziale del cavallo. Multi non è un pesino.”

“Oh sì, è un gran cavallo. Quanto vuole?”

Virgilio uscì dal box, lanciò i suoi vestiti sulla balla di paglia e guardò in su cercando gli occhi della donna. “Lei sa che non lo vendo tutto…”

“Lo so, lo so, me l’ha già detto.”

“Metà…”

“Va bene metà e va bene che lo gestisca lei.”

Virgilio allungò una carezza tra le narici dello stallone. “Non so… sarà un buon riproduttore.”

“La prego…”

L’uomo tirò su col naso, infilò il caschetto azzurro in testa, poi prese i finimenti ancora umidi. “Ok, metà cavallo per trentamila. Cash e subito.”

Milena deglutì. “Credevo… ho solo venticinque… sa così, cash…”

Virgilio sospirò, mise la briglia al cavallo, sistemò la sella sul braccio e fece un passo verso il cancello dell’area pubblica.

La donna accarezzò lo stallone baio. “Amore…”, bisbigliò.

Multiply protese il muso verso il cappello e le labbra prensili giocarono con la paglia rossa.

Virgilio fece un altro passo verso l’uscita poi si girò. “Va bene.”, disse a denti stretti. “Però lei prende la parte davanti, quella che mangia.”

Un largo sorriso si dispiegò sul volto ben truccato. Milena aprì la borsetta e frugando con foga si avvicinò al fantino in azzurro e bianco. “Ecco.”, disse ansimante porgendo un plico di biglietti trattenuti da una fascetta col timbro della Banca Popolare di Bergamo. “Li conti pure.”

Virgilio afferrò la mazzetta che subito sparì sotto la giubba azzurra. “Mi fido.”
La donna accarezzò il collo dello stallone. “Sei mio.”, sussurrò. Il baio si girò di colpo, addentò il cappello rosso e lo strappò dalla testa bionda.

La donna lanciò un grido e liberò la tesa di paglia dai denti di Multiply.

L’uomo scosse la testa. “Adesso non mi stia tra i piedi che ho da fare.” Tastò con la mano il rigonfiamento sotto la seta della giubba e si avviò verso il recinto del peso.

Le tribune erano quasi deserte, la gente si affollava nei bar e al totalizzatore. Virgilio guardò il grande orologio appeso all’ingresso della segreteria e allungò il passo tenendo a freno il baio nervoso.

“Virgilio!” Una voce profonda rallentò il passo del fantino. “Sei pronto?”

“È agitato, ha voglia d’andare.”

“Meglio.”

“Non pensavo di trovarti qui.”

L’uomo spostò indietro la coppola grigia che copriva la calvizie. “Passavo da Milano oggi, ho pensato… sai, dopo quella botta a Bologna… va bene che è mio solo per metà, però…”

Virgilio si girò indietro. Dalla zona delle stalle giungeva una figura femminile vestita di rosso. “Devo andare al peso.” disse tirando Multiply verso il recinto in cui i fantini erano pesati assieme alle selle che avrebbero usato per la corsa.
La gente stava tornando sulle tribune e l’uomo con la calvizie si sedette sulla gradinata di cemento. Accanto a lui si accomodò un anziano signore in abito inglese con relativa bombetta. “Bella bestia quel baio”, disse facendo vibrare le guance lasse, “mi sembra in forma.”

L’altro annuì silenzioso e mise una mano in tasca ad accarezzare lo scontrino della scommessa.

L’altoparlante annunciò la prima corsa a handicap, specificando per i neofiti, che si trattava di una gara nella quale si adegua il peso da portare per ogni cavallo, in rapporto alla sua potenzialità, calcolata in base alle vincite pregresse.

Virgilio salì sulla bilancia trattenendo lo stallone per le redini lunghe. Multiply stette fermo il tempo necessario all’handicapper, l’esperto dei pesi, di determinare il pezzo di piombo che avrebbe dovuto essere aggiunto per quella corsa. “Cosa vuoi che ti aggiunga?”, disse ghignando. “È una vita che non vinci.”

“È la classe che conta, stronzo!”, borbottò di rimando il fantino allungando la mano per prendere la placca da mezzo chilo.

Lesto l’handicapper tirò indietro il peso. “È vero”, sghignazzò prendendo altre placche “il tuo brocco mi sembra proprio di gran classe.”

Virgilio prese mugugnando due placche da un chilo e si portò all’insellaggio, la zona riservata alla preparazione dei cavalli.

“Ma non sei capace di stare zitto?”, chiese una voce nasale appena dentro il recinto dove i fantini discutevano per l’ultima volta con allenatori e proprietari.

Virgilio sbiancò. “Ma siete tutti qui, oggi?”

“Chi?”

“I rompicoglioni. Non mi va di farmi offendere da uno stronzo che non capisce un cazzo di cavalli.”

“Ma due chili sono due lunghezze. Hai visto che mandria di brenne ti trovi in pista oggi? Era l’occasione giusta.”

Il fantino fece spallucce tenendosi a distanza dal giovanotto sovrappeso. “Il berretto”, disse puntandogli la testa. “Come fai se poi vince?”

Un rutto avvolse la figura corpulenta in una zaffata d’aglio. “È in tasca furbone, e tanto non vinciamo neanche oggi. Bisognerà parlarne.”

Virgilio sellò Multiply e strinse il sottopancia. “Un giorno lo lancerai molto in alto quel tuo berretto schifoso!”

L’altoparlante chiamò: “Fantini in tondino”. Virgilio infilò i pesi nelle tasche della sella poi piegò la gamba per farsi aiutare a montare. Cinque dita grasse l’afferrarono e lo lanciarono senza fatica in groppa al baio.

Lo stallone si avviò al piccolo trotto verso il tondino mentre, dietro di lui, il ragazzone tirava fuori di tasca un berretto da baseball bisunto e lo calcava in testa.

La giacca azzurra lanciò riflessi di luce fredda nel tardo sole domenicale. Le prime foglie morte vorticavano nell’aria e qualcuna si depose graziosamente sul cespuglio di riccioli rossi di una donna, al di là della staccionata. Un braccio reggeva una consunta borsa di tela mentre l’altro era alzato a salutare. “Virgil!”

Multiply girò il muso verso la donna e nitrì.

“Pensa a correre, le mele te le dà dopo la babbiona.” Virgilio osservò gli altri sei cavalli in gara e si strofinò il mento. Dalla pista giungeva il fragore del trattore che rimorchiava le gabbie di partenza.

La rossa si precipitò all’uscita del tondino e, allungando la mano per toccare lo stallone che andava in pista, disse con forte accento inglese: “Molto beni, oggi andati a vinciri.”

La destra di Virgilio lasciò le redini e si chiuse a coppa sulla cerniera delle braghe. “Fanculo! Ci mancherebbe.”, bofonchiò.

Lo stallone scosse la testa infastidito dagli insetti.

“Io vedi tu da tribiuni poi dari money. Ok?”

“Ok, ok, milady, mi devi tutto il mese di settembre anticipato; lo sai che ‘sta bestia mangia.”

La donna agitò la mano in segno di saluto al cavaliere che entrava nella gabbia.

Al clangore del cancello che si chiudeva dietro la sua coda, lo stallone portò sotto i posteriori e drizzò le orecchie.

Virgilio guardò la pista attraverso le sbarre e sospirò. Si sollevò nelle staffe afferrando un ciuffo di criniera. “Fai il tuo dovere.”, bisbigliò.

Multiply nitrì piano e scosse la testa, poi la porta si spalancò con uno schianto e già l’altoparlante urlò: “Partiti!” Lo stallone uscì dalla gabbia con un balzo, Virgilio restò aggrappato alla criniera e dopo qualche falcata di galoppo regolare si abbassò sul collo in posizione aerodinamica. Le orecchie del baio erano girate verso il cavaliere.

Alla prima curva Multiply era in fondo al gruppo, galoppava con un ritmo lento e regolare, la falcata era corta.

“Chi va piano va sano e va lontano.”, disse Virgilio a due spanne dall’orecchio dello stallone “Non ci provare neppure a rincorrere quella saurina là davanti”.

Il baio portò i posteriori un po’ più sotto e guadagnò qualche lunghezza sul gruppo, senza modificare il ritmo. In dirittura si portò all’esterno e affiancò il sesto, poi il quinto. Quando fu all’altezza del quarto Virgilio tirò le redini. “Dove credi d’andare…”, ruggì nell’orecchio di Multiply.

Lo stallone strinse i denti sull’imboccatura.

“Molla il ferro, bastardo.”, disse il fantino a denti stretti. “Vuoi vedermi morto?” Strattonò le redini in modo alternato per liberare il morso che non sortiva più alcun effetto.

Lo stallone aprì la bocca.

Virgilio riprese il controllo e vide con sgomento di aver già affiancato l’enorme femmina grigia che si trovava in terza posizione. Tenne il baio all’esterno dell’ultima curva e tirò ancora le redini. Multiply accorciò la falcata e la grigia imboccò la dirittura d’arrivo con qualche lunghezza di vantaggio.

“Cazzo, ma non vanno proprio.” Virgilio sbiancò in volto e portò i gomiti al corpo: qualcosa nella giubba stava scivolando verso il basso. Riunì le redini nella mano sinistra e con la destra infilò la mazzetta di soldi nei pantaloni.

Multiply sentì cedere la tensione sulle redini e, con un colpo secco della testa, le strappò di mano al suo cavaliere. Inebriato dall’improvvisa libertà, il baio abbassò la testa sgroppando un paio di volte.

“Fermati stronzo!” Virgilio strinse una manciata di crini neri. Le redini erano cadute oltre le orecchie e, calpestate un paio di volte, pendevano a brandelli dall’imboccatura inutile. Multiply, le orecchie puntate in avanti, sfrecciava verso il palo d’arrivo.

“Ti… ti prego.”, mormorò Virgilio.

Lo stallone baio sorpassò la grigia e il morello in seconda posizione, quindi affiancò per qualche secondo la saura che aveva guidato il gruppo sin dalla partenza e che stava cedendo. Girò il muso verso di lei e la guardò per cinque falcate poi la superò e passò il traguardo.

L’altoparlante annunciò: “Multiply!”

In tribuna un coro di voci urlò: “Ho vinto!”

In aria vorticarono copricapi di varia foggia. Una bombetta volò alta seguita da una coppola grigia; un paio di borsalino si scontrarono in aria; un berretto da baseball bisunto raggiunse una parrucca di riccioli rossi a cinque metri da terra e dalle tribune d’onore piovve un panama sulle gradinate. Un ampio cappello rosso di paglietta con la tesa rosicchiata andò a planare ai piedi di Multiply che si era fermato ansimante all’uscita per i box.

Virgilio saltò giù lesto con lo sguardo fisso sul gruppo nutrito di persone a capo scoperto che urlando e gesticolando correva verso di lui. “Addio bellezza.”, disse allo stallone, “Non posso fermarmi, hai solo due metà.” Il fantino pescò dentro le braghe la mazzetta di biglietti stirati, la strinse forte, passò sotto la staccionata e si dileguò.

Questo racconto è stato scritto da Sibyl von der Schulenburg e pubblicato per la prima volta il 2 febbraio 2015 da Piego di Libri.

Sibyl-occhiali-rSibyl von der Schulenburg è un’autrice italiana ormai conosciuta ai lettori che amano i romanzi con le trame dense. La sua scrittura è caratterizzata da fluidità, ritmo serrato, rinuncia a fronzoli linguistici e sapiente utilizzo del potere evocativo delle parole. Oltre a saggi e romanzi storici, ha scritto gli psico-romanzi “Ti guardo”, “I cavalli soffrono in silenzio” e “La porta dei morti”. Li puoi trovare sul sito della casa editrice Il Prato.

VirgilioLa foto ritrae la cavalla di razza American Quarter Horse Winning Wisely (Angie), che con l’autrice del racconto ha vinto nel 2009 il titolo europeo in Amateur Western Pleasure. Angie ha inoltre vinto prestigiosi titoli in gare professioniste in Europa e nel 2010 è volata in USA col suo addestratore a vincere uno tra i più ambiti titoli del mondo: American Quarter Horse Congress Junior Trail Champion. Angie è ora fattrice in un allevamento in Germania.

Eccole insieme: