Fabrice Caro tesse con ironia il ritratto dell’uomo pascoliano nell’epoca contemporanea. Il discorso è il suo secondo romanzo e in Italia è pubblicato da Nottetempo.
Adrien, nonostante sia il protagonista, si qualifica splendidamente come l’antagonista di se stesso. Quello che lo salva dal diventare antipatico anche al lettore, è il suo inimitabile senso dell’umorismo.
Soffre di un disturbo d’ansia, che controlla anche facendo dell’autoironia sulle sue disgrazie, che aleggiano nella sua vita sentimentale e familiare come avvoltoi instancabili.
Il romanzo si apre con il futuro cognato di Adrien, Ludovic, che gli chiede di fare un brindisi al suo matrimonio. Adrien è agitato, sta aspettando un messaggio di risposta da parte dell’ex fidanzata Sonia, ma non riesce a dire di no, colpevole della paura di deludere gli altri.
“… Dopo il discorso, dalla crisalide di poeta cupo e noioso sarebbe nato un essere socievole e affascinante. Dopo il discorso, la gente mi avrebbe scoperto per quello che sono veramente e in mezzo al pubblico avrebbero mormorato Ma dai non sapevo che fosse così, e io sarei andato di gruppo in gruppo, volteggiando come un0upupa, regalando a ciascuno un aneddoto personalizzato, di volta in volta ammiccante, beffardo, ammaliatore, moderatamente salace”.
L’originalità di Fabrice Caro, oltre al tono ironico e frizzante, mai noioso seppur ripetitivo – d’altronde rimuginare su pensieri ossessivi fa parte del comportamento dell’ansioso – sta nell’iniziare ogni capitolo nello stesso identico luogo: la tormentata mente di Adrien.
Ogni capitolo inizia con un discorso diverso che Adrien si immagina di dover fare al matrimonio della sorella. L’immagine è quella di uno speaker che, in preda all’ansia da prestazione, fa prove su prove.
Ed è geniale, perché l’attenzione del lettore è inizialmente focalizzata sull’impiccio del discorso e sulle speranze che la separazione con l’ex fidanzata sia solo temporanea.
Poi, Fabrice Caro va a fondo e ci presenta squarci di quotidianità che colloca nella casa natale del protagonista. I dialoghi superficiali e distaccati con la madre, i racconti ingombranti e ripetitivi del padre. La relazione della sorella con il futuro cognato che rispetta a pieno i canoni imposti dalla società occidentale. Criticata e invidiata, allo stesso tempo, da Adrien.
“Ma con i genitori ho sempre intrattenuto rapporti che navigavano pigramente tra non-detti, consensi rispettosi ed educata accettazione, un non-rapporto, insomma, in cui non ho mai voluto turbare le acque per non essere costretto a sormontare le onde. Schema che in seguito non ho mai smesso di riprodurre con le ragazze che ho incontrato nel corso della mia esistenza. E ora mi appare questo bilancio piuttosto terrificante, che cioè in fondo la vita affettiva non è stat altro che un’accettazione rassegnata di cazzi di compensato sul muro di una cucina.”
Ciò che caratterizza il protagonista è la continua fuga dalla realtà, la creazione di immaginari diversi per descrivere la stessa situazione, che rimangono nella sua testa; planano ma non atterrano sul mondo reale.
Un loop di ansia che finisce per coinvolgere il lettore poco avvezzo allo stato d’animo e che farà divertire come uno sketch ben riuscito il lettore che in Adrien riesce a immedesimarsi.
Il protagonista ci insegna che essere la caricatura di se stessi può alleggerire quel peso invisibile che portiamo al petto come un catenaccio.
Riuscirà Adrien a fare quel brindisi senza farsi prendere dal panico? Riallaccerà i rapporti con Sonia? A compiersi sarà soltanto una delle due aspettative, mentre l’altra rimarrà in sospeso, per la gioia del nostro ansioso Adrien.
Autore: Fabrice Caro
Titolo: Il discorso
Traduzione: Camilla Diez
Editore: Nottetempo
Anno: 2020