I sogni sono un’arma potente per gli scrittori che devono la genialità delle loro idee al mondo onirico. È vero, ci vogliono poi abilità e perseveranza per trasformare i fantasmi di un sogno notturno in parola scritta. È solo questione di un attimo e si passa dalla certezza di avere l’idea vincente alla sensazione di vuoto totale nel momento in cui ci si siede con penna alla mano di fronte alla pagina bianca.

Solo perché merce rara l’ispirazione non andrebbe mai trascurata: come ci si può sentire ispirati mentre si lavora in ufficio o mentre si fa la spesa o, perché no, mentre si fa l’amore o si è in bagno, si può essere colpiti dalla dea della creazione artistica anche durante il sonno.

Ce lo dimostrano gli autori dei più grandi romanzi della storia della letteratura, citati in un articolo del blog Listverse.

Stephen King

“Il sogno è come uno specchio: ti permette di osservare ciò che normalmente si nasconde alla vista dei tuoi occhi”.
Stephen King delineò i punti salienti della trama di “Misery” mentre si trovava in volo. King sognò di un fan che rapisce il suo scrittore preferito e lo tiene in ostaggio. Appena sveglio, aspettò di atterrare per sedersi all’aeroporto e scrivere una cinquantina di pagine di quello che aveva sognato, tanto era la paura che l’ispirazione lo abbandonasse da un momento all’altro.

Mary Shelley

Nel 1816 la diciottenne Mary venne invitata insieme al futuro marito Percy Shelley a passare la notte nella tenuta di Lord Byron. Prima di andare a dormire i tre amici si sedettero davanti al fuoco e iniziarono a raccontarsi storie di corpi morti che vengono rianimati attraverso la corrente elettrica. Mary se ne andò a letto con queste immagini ancora in testa e quella notte sognò la nascita di Frankenstein nelle stesse circostanze oggi note anche a noi lettori. Al suo risveglio Mary Shelley tramutò il sogno in un racconto breve, che l’anno successivo venne ampliato e trasformato in romanzo. Frankestein venne così pubblicato quando l’autrice aveva soltanto diciannove anni.

Robert Louis Stevenson

Quando Stevenson sognò di un certo dottore affetto da doppia personalità, la sua carriera di scrittore era già ben avviata. Nonostante questo decise di mettere subito per iscritto i dettagli di quella notte e in tre giorni la bozza del “Lo strano caso del dottor Jeckyll e Mr Hyde” era già bella che pronta. Il manoscritto venne ultimato in ogni suo particolare la settimana successiva.

Richard Bach

Era il 1959 quando l’entusiasta pilota Richard Bach sentì l’ispirazione sussurrargli all’orecchio il titolo del romanzo “Johnatan Livingston Seagull” e così il pilota scrisse subito i primi capitoli dell’opera per paura di perdere quel prezioso lampo di genio. Quella stesura iniziale finì sullo scaffale della libreria e lì rimase per otto anni, fino a quando Bach non sognò di nuovo il famoso gabbiano che gli permise di completare l’opera e dar vita a uno dei romanzi filosofici più famosi di tutti i tempi. Nonostante il successo del libro, Bach rimase convinto del fatto che l’ispirazione non sia tutto: “un sogno non ti può dar nulla se non sei capace di tramutarlo in realtà”.

Samuel Taylor Coleridge

Il suo “Kubla Khan” è il risultato di una fusione tra dimensione onirica e allucinogena. Sebbene oggi sia analizzata dai critici come una poesia finita, Coleridge la descrisse come un frammento, proprio perché legata alla dimensione sospesa del sogno.

Il consiglio dei grandi autori è quindi di continuare a lasciarvi cadere tra le braccia di Morfeo e di non sottovalutare il potere che può esercitare un sonno tormentato sulla vostra creatività. Se non altro, è un bel sollievo sapere che un sonno agitato può essere il preludio di un best-seller!