Un giallo storico ambientato nella Venezia del 1849 è quello raccontato da Paolo Lanzotti nelle pagine de “La voce delle ombre” (Mondadori), in cui realtà storica e immaginazione si fondono formando un riuscito ritratto di quella Repubblica di San Marco che per alcuni mesi tra il 1848 e l’anno successivo cercò di resistere non solo all’assedio dell’esercito asburgico, deciso a riprendersi la città, ma anche all’epidemia del colera e all’inevitabile carestia.

La vicenda ha per protagonista un personaggio di finzione, Teodoro Valier, ex poliziotto al servizio degli austriaci, che ne è anche la voce narrante. Il lettore viene accompagnato dai suoi pensieri in quei caldi giorni di agosto. Viviamo infatti assieme a lui le giornate che vanno dal 2 al 10 agosto 1849, in cui anche la Storia ebbe il suo dire: ne è un esempio la seduta dell’Assemblea in cui Manin propose di chiedere la resa della città, che avvenne di fatto pochi giorni dopo e che costò ai veneziani altri 18 anni di dominio austriaco. In questa specifica occasione il gran capo della Repubblica pronunciò anche queste parole, importanti per contestualizzare il romanzo: “Volendo trattare con il nemico, l’Assemblea si proroghi affidando il supremo potere al Municipio. Se ha più forza il primo partito, io propongo che il governo sia affidato a chi crede ancora possibile il buon successo,  e metto davanti i nomi di Avesani, Sirtori e Tommaseo, o di Sirtori solo.

Tornando a quanto scritto nel romanzo, senza voler tuttavia entrare troppo nella vicenda delittuosa, basti sapere che il 2 agosto Teodoro Valier riceve queste informazioni dallo stesso Daniele Manin: “La vittima era un uomo molto vicino a Sirtori e alla Commissione militare – spiegò, fosco. – Si chiamava Alvise Scarpa, ed era piuttosto noto, presso i combattenti volontari. Sempre in prima linea. Sempre pronto a offrire il petto ai moschetti nemici. Stava diventando una sorta di leggenda, fra chi lo conosceva. Mi erano giunte delle voci, a questo proposito, e negli ultimi tempi l’avevo fatto sorvegliare da vicino. Ora temo sia stato un errore. […] La figura di un eroe anarchico, votato al sacrificio, capace d’incendiare gli animi, sarebbe risultata scomoda, per la mia parte politica. O, almeno, così si potrebbe credere.”

Ecco quindi che le vicende inscenate si incastrano verosimilmente nella realtà storica. Manin teme che la sua reputazione e leadership vengano minate dall’accaduto delittuoso: il diretto avversario politico Sirtori potrebbe infatti accusarlo di essere stato il mandante dell’assassinio.

Ha inizio quindi l’intrigante indagine di Teodoro, rimasto vedovo dodici anni prima di una moglie morta di parto per dare alla luce una piccola sopravvissuta per pochissime ore, ormai ridotto alla povertà, che si rifugia spesso alla taverna I Buoni Amici, una delle poche ancora aperte in città, in cui è possibile trovare almeno zuppa e grappa. Nemmeno più il vino arriva a Venezia.
Grazie alle sue doti di investigatore, alla fortuna che gli consente di sopravvivere a cannonate e colera, all’abile aiutante Samuele Poli, riuscirà nel giro di una settimana a scoprire chi abbia ucciso Alvise Scarpa.

Il linguaggio utilizzato è ben contestualizzato, segno di un lavoro di ricerca meticoloso condotto dall’autore, il quale ci ricorda nella Nota conclusiva come alcuni personaggi citati non siano più popolari oggigiorno, ma lo furono un tempo. Un giallo storico ben scritto, adatto anche a chi ha interesse per la storia di Venezia.

Autore: Paolo Lanzotti
Titolo: La voce delle ombre
Editore: Mondadori
Anno: 2017