La casa editrice ItaloSvevo di Trieste risorge dalle proprie ceneri grazie all’editore Gaffi di Roma. Risorge folgorante, quale araba fenice, con la pubblicazione di due splendidi libretti raccolti nella nuova collana Piccola biblioteca di letteratura inutile, curata da Giovanni Nucci. Il primo è Trittico, tre racconti di Hans Tuzzi. Il secondo è questo Piccolo dizionario delle malattie letterarie, divertente compedio a cura di Marco Rossari.

Il libro è introdotto da una meta-prefazione di Edoardo Camurri, che con il suo fare istrionico, rende l’introduzione un colloquiale discorso sul dover fare la prefazione per questo libro, gettandoci all’istante nel clima ironico e corrosivo che ci accompagnerà per il resto della lettura.

Ma l’unico modo per rendere giustizia a questo testo sarebbe semplicemente, non solo citarlo dall’inizio alla fine, ma riscriverlo completamente, parola per parola, rifuggiandoci come Pierre Menard in un racconto di Borges e riscrivere questo Dizionario come quel celebre personaggio riscriveva il Don Chisciotte.

Allora cominciamo:

Autopubblicazione: medicamento da ciarlatani

Avanguardia: morbo novecentesco che ha diseducato i pazienti allo stile e alla preparazione.
È avanguardistico
No, è che non sa scrivere

Bibliofilia: forma di perversione erotica che spinge il paziente a trarre piacere dall’accumulo di polvere sopra libri intonsi.

Biblioteca: luogo di autoisolamento per soggetti a rischio; quarantena volontaria.

Insomma, per evitare che un tentativo di riscrittura meta-letterario sfoci in una denuncia di plagio, avrete capito il tono in cui il medico letterato Rossari enumera malattie e cure, morbi, tic, sindromi, manie, pestilenze librarie e altre epidemie bibliografiche, con somma ironia e intelligenza.

E le malattie letterarie continuano.

C’è la terribile bukowskite, quella malaugurata tendenza a credersi scrittori in seguito a una colossale sbornia. O l’emicrania di Pynchon, dovuta alla dispersione dei personaggi. C’è il tic di Baricco, che consiste nell’aggiungere sillabe come “bon” o “tac” alla fine di una frase. Taaac.

C’è la malattia di Borges: una labirintite acuta. La sindrome di Camilleri, che è una sorta di ipertrofia gergale determinata dal dialetto. E che dire del flagello di Céline, che ha contagiato anche gli scrittori di sms o gli smanettatori che immobili muovono solo i pollici scrivendo in chat, che consiste in un uso allegro e spropositato dei puntini di sospensione… (…).

C’è chi sfoga sul comodino la propria nevrosi dell’accumulo. Quella malattia esotica chiamata punteggiatura. C’è il morbo di DFW che consiste nel trovare più interessanti le note del testo (morbo che in Italia è stato diffuso da quell’untore di Alberto Arbasino nell’Anonimo Lombardo, dove le note sbrodolano coprendo il testo)¹.

Insomma tante malattie letterarie, di cui soffrono i bibliomani. Per guarire dalla proustite, per esempio, che potrebbe attaccare come l’Alzheimer cancellandoci i ricordi, il rimedio consigliato è mangiare una madelaine e leggere l’agevole bugiardino in sette volumi! Perché la cura migliore, per i malanni dell’anima, è sempre leggere un buon libro come questo.

Infine cos’è questa stessa recensione, se non la diagnosi erronea di un dottore amico…

¹Un encomio a parte per la veste grafica dei libri ItaloSvevo, curati in ogni particolare da Maurizio Ceccato, che li riveste di modernità, pur seguendo i dettami della grafica editoriale della tradizione. Copertina in brossura su carta di pregio con lunghe bandelle, rilegatura filo refe. Originale infine è l’impaginazione tipica dei libri di una volta, con tagli laterali in tonso: ovvero con le pagine ancora da tagliare.

Marco Rossari
Piccolo dizionario delle malattie letterarie
ItaloSvevo
2016