Tutti noi, di fronte ai grandi fatti di cronaca, ricordiamo limpidamente dove fossimo e cosa stessimo facendo al momento della notizia: è stato così, nel recente passato, per la caduta del Muro di Berlino, l’attacco alle Torri Gemelle o l’attentato alla sede parigina di Charlie Hebdo.
Anche il 23 maggio 1992 è una data che non si può né si deve dimenticare: lungo l’autostrada Palermo-Trapani, all’altezza dello svincolo per Capaci, una violenta esplosione causò la morte del magistrato antimafia Giovanni Falcone, della moglie e di tre uomini della scorta.
Quel giorno il poliziotto protagonista di Sbirritudine – il primo romanzo dello sceneggiatore siciliano Giorgio Glaviano, edito da Rizzoli – si trovava seduto al bar con la moglie e già si vedeva ad ammazzare tutta la gente intorno a loro, che si scambiava la tragica notizia ridendo, brindando e dandosi pacche sulle spalle. Perché quando si passano vent’anni a piazzare microspie, a rimanere appostati tutta la notte, a percorrere in lungo e in largo a bordo di una volante le strade dei quartieri popolari, la lotta alla mafia diventa l’unica ragione di vita.
Sbirritudine è il racconto in prima persona di un poliziotto siciliano di provincia, che in attesa di ricevere l’indomani una telefonata, percorre di notte in auto tutta la Sicilia, da Trapani a Capo Passero rievocando vent’anni di lotte feroci a Cosa Nostra. Un avvincente romanzo frutto di episodi realmente accaduti – sebbene rievocati con nomi e luoghi di fantasia – che culminano con l’inseguimento di Fifi Bellingeri, boss latitante ricercato da quasi dieci anni e padrone del feudo di Prezia.
Ma la sbirritudine nel gergo degli uomini d’onore è anche il sesto senso per la mafia, e il nostro protagonista, capo di una squadra investigativa speciale, costretto a combattere contro criminali e agenti corrotti, ce l’ha all’ennesima potenza.
Inchiesta dopo inchiesta, condotta con l’ausilio dei fedelissimi Renzo, “Cripto”, “Tacconi”, “Casco” e del dirigente Manuele Spada, emerge un quadro inquietante della Sicilia, insanguinata dalle lotte tra clan, truffata dalle speculazioni edilizie, infangata dai continui accordi tra forze dell’ordine e mafia: «Lo Stato è la mano destra e Cosa Nostra è la sinistra» rispose. «Come può la destra non sapere cosa fa la sinistra?» Per bloccare questa emorragia al protagonista non resta che vivere come uno di loro, spiato dai suoi stessi colleghi, costretto a nascondersi in luoghi desolati e a modificare le sue fattezze.
Grazie alla narrazione in prima persona caratterizzata da frasi incalzanti e da termini del dialetto siciliano, il lettore partecipa direttamente alle vicende di Cosa Nostra e apprende sia i meccanismi che regolano il mercato della droga, la rete dei pizzini e la gerarchia degli uomini d’onore, sia le reali difficoltà che incontrano ancora gli onesti servitori dello Stato nel territorio siciliano. Un romanzo fortemente consigliato a tutti, ma che strizza l’occhio in particolare agli studenti delle scuole superiori, affinché il ricordo di quel 23 maggio 1992 rimanga scolpito per sempre nella mente di tutti.
Giorgio Glaviano
Sbirritudine
Rizzoli, 2015