Ha ragione quel critico che ha recensito “Patria” di Fernando Aramburu (pubblicato in Italia da Guanda) sulle pagine di La Razón: “Un romanzo definitivo.”
Io sono stato invogliato alla lettura dal giudizio, riportato in copertina, del Premio Nobel peruviano Mario Vargas Llosa, di cui ho avuto modo negli anni di apprezzare la statura culturale: “Da molto tempo non leggevo un romanzo così persuasivo, commovente, e così brillantemente concepito.”
Se a queste lodi aggiungiamo che anche Marino Sinibaldi e Jovanotti lo abbiano inserito nelle loro liste dei migliori libri letti nel 2017, capirai come stiamo parlando di un romanzo da non lasciarsi sfuggire.

Fatta la dovuta introduzione celebrativa, racconto di cosa tratta questo romanzo. È la storia di due famiglie che vivono nei Paesi Baschi, in cui il capofamiglia di una verrà ucciso in un attentato dell’ETA, nelle cui fila milita il primogenito dell’altra. Due famiglie che erano amiche, molto amiche, e che vengono distrutte dalla tragedia. Niente più sarà come prima.

Questa intensa storia famigliare viene raccontata con dei brevi paragrafi di volta in volta incentrati sui protagonisti che la animano. Sono nove le voci che la dipanano: in una famiglia c’è Txato, che perderà la vita nell’attentato, la moglie Bittori, il figlio Xavier e la figlia Nerea. Nell’altra famiglia troviamo Joxian e la moglie Miren, il primogenito nonché affiliato all’ETA Joxe Mari, la figlia Arantxa e infine l’altro figlio Gorka.
E così la stessa vicenda la viviamo una prima volta con le parole e i pensieri di Bittori, quindi la conosciamo per come l’ha vissuta Joxian, magari poi veniamo a scoprire come l’ha interiorizzata Nerea. Ognuno ha le proprie caratteristiche, ed è così tanto credibile, così ben caratterizzato, che sembra di essere cresciuti in quelle due famiglie. I loro difetti, le loro abitudini… in quelle case sembra di averci abitato. E se impariamo a comprendere come possa essere cresciuto il fanatismo in Joxe Mari, non fatichiamo a capire le difficoltà di Xavier o Nerea a superare il loro lutto.

L’abilità di Aramburu, a mio avviso, è proprio trasportarci a vivere in Euskadi. Non la si legge, la si vive la storia. Abile a raccontare, un vero maestro dell’introspezione. Non c’è un ordine temporale, passiamo dal presente al passato in un continuo mescolarsi di tempi che non confonde, anzi, riesce a rendere ancora più appassionante e irrinunciabile scoprire cosa ne sarà dei sei sopravvissuti (tali sono) alla tragedia. Che si abbia a che fare con un racconto verosimile delle drammatiche vicende del periodo della lotta armata dei separatisti dell’ETA non voglio dire che sia secondario, anzi, ma nemmeno l’unico elemento di valore.

In definitiva un capolavoro. Il libro più appassionante che abbia letto da alcuni anni a questa parte. Ed è per provare le emozioni suscitate da romanzi come questo che sono diventato un lettore.

Autore: Fernando Aramburu
Titolo: Patria
Traduzione: Bruno Arpaia
Editore: Guanda
Anno: 2017