Mathias Olban ha scritto Un autunno tra i boyoli. Una raccolta di racconti che ha una certa attinenza con il post-esotismo. La sua seconda opera è Splendore del battello. Romanzo in cui un’indagine poliziesca s’intreccia con episodi della rivoluzione mondiale e con traumatiche incursioni in mondi onirici.

Ma la vera produzione letteraria di Olban scaturisce dal suo soggiorno coatto in un carcere di massima sicurezza. Nei 26 anni della sua detenzione conia all’incirca centomila parole così ripartite:

  • sessantamila nomi e cognomi di vittime della miseria;
  • ventimila nomi di piante, erbe e funghi immaginari;
  • diecimila nomi di luoghi, fiumi e località esistenti solo in universi paralleli;
  • diecimila parole varie che non appartengono a nessuna lingua, ma posseggono una logica fonetica che le rende familiari all’orecchio.

Buona parte di questi anomali elenchi e vocabolari immaginari sono andati perduti. Spesso le pagine di questi manoscritti sono serviti ai detenuti per pulirsi dopo aver espletato le loro funzioni corporali. Uscito di prigione lo scrittore ha abbandonato quei fogli al loro destino. Alla loro naturale estinzione e dispersione.

Dopo una settimana di libertà Mathias Olban è stato colpito da una malattia degenerativa che gli ha deturpato il viso. Passa le sue notti angosciose seduto sul letto con una rivoltella puntata su quello che rimane di una irriconoscibile faccia. In attesa, prima o poi, di premere il grilletto.

Ecco. Questo è uno degli autori descritti da Antoine Volodine in Scrittori.

Antoine Volodine è il principale pseudonimo di colui che ha firmato le sue opere anche come Manuela Draeger, Elli Kronauer e Lutz Bassmann. Un Pessoa francese, se vogliamo, che sotto vari eteronimi nasconde se stesso e la sua eteroclita scrittura. Inclassificabile.

Volodine è un visionario, come i suoi personaggi. Personaggio a sua volta non sfigurerebbe se inserito nel suo stesso testo. Infatti è lui stesso un autore post-esotico, movimento che descrive in Scrittori dando la parola a Linda Woo, scrittrice che persiste nella sua rivoluzione letteraria monologando un lungo discorso, Discorso ai nomadi e ai morti, che diviene manifesto poetico.

Volodine fonda una corrente letteraria unica. Fine a se stessa. Lui stesso la definisce come «una letteratura straniera scritta in francese» o «una letteratura dell’altrove che va verso altrove». Qualcosa di estremamente straniante, che non ha e non dà punti di riferimento.

Così. Se di solito per definire uno scrittore lo si inquadra in una corrente. Gli si trovano antecedenti e successori. Si analizzano affinità con altri scrittori. Con Volodine questo non è possibile in quanto sfugge ad ogni sfuggente definizione. Lui è un lupo solitario. È uno per cui non ci sono paragoni. Come Bolaño. Ha tratti unici, a volte inquietanti. Non per niente, già da tempo, è nato anche il suo culto. E giovani adepti sussurrano il suo nome come un mantra. Un passaparola che è parola d’ordine per distinguere gli iniziati dagli indifferenti.

Ma torniamo a Scrittori. Quando pensi di avere inquadrato il genere e il tipo di narrazione, il libro cambia repentinamente e si viene disorientati. Si perdono le coordinate narrative e la bussola interpretativa. Si vaga a vista in una nebbia in cui tutto è possibile, specialmente l’imprevedibile.

C’è Mathias Olban. Ci sono scrittori post-esotici, che resistono al potere. C’è uno scrittore maltrattato in un manicomio criminale, che si rifugia nel ricordo della sua infanzia di precoce scrittore. Mentre altri pazienti prendono il comando del manicomio rifondandone le regole secondo l’indirizzo della loro personale follia. Ma c’è molto altro.

Il corpus centrale di questo anomalo libro è composto da Ringraziamenti. Spesso puerili, sempre ridicoli. Ringraziamenti magistralmente architettati per divenire romanzi liofilizzati. Storie che nascono e muoiono nello spazio di poche righe. Al lettore, con fantasia e inevitabili, spontanee illazioni, il compito di riempire l’infinito spazio bianco tra le righe di questi brevissimi romanzi fiume.

Insomma. Scrittori è questo e molto altro. Sempre altrove. È un fragile equilibrio sopra la follia. Un testo che è un unicum letterario. Se proprio bisogna trovargli un paragone è con Lost Highway o Mulholland Drive di David Linch. Magnifici incubi portati all’estremo, nell’infinito dove spesso i parallelismi convergono e la finzione si ricongiunge con una crudele, perversa realtà.

Antoine Volodine
Scrittori
Écrivains
Traduzione di Didier Contadini e Federica di Lella
Edizioni Clichy