Nel mondo del qui e ora, nella giungla dove il pensiero costante del “devo produrre” sottrae tempo prezioso a quello più naturale e biologico del “devo anche pensare”, il significato della Giornata della Memoria fatica a farsi spazio.

Non è una novità che la realtà sovrasti il passato e modelli la memoria a suo piacimento. E noi per 364 giorni all’anno glielo lasciamo fare, perché è giusto così. “Un ricordo, un dolore, sono mobili. Ci sono giorni in cui fuggono così lontano che a stento li scorgiamo, e li crediamo andati via per sempre”, recitava Proust.

Continuiamo a celebrare la Giornata della Memoria, il 27 gennaio (quando nel 1945 i cancelli di Auschwitz furono abbattuti), per evitare che quei ricordi, che ci sono stati tramandati dai sopravvissuti allo sterminio, non si trasformino in fragili e calpestabili foglie d’autunno. La scrittura è senz’altro lo strumento più efficace per trasformare quelle foglie abbandonate e secche in preziose gemme di un albero sempreverde.

Grazie alla ricca letteratura esistente sul tema dell’Olocausto siamo in grado di farci un’idea di quello che è successo, di come è successo, a chi è successo, dove e perché.

Robert Jay Lifton, psichiatra americano che ha studiato le conseguenze che gli eventi storici del passato hanno avuto sulla psiche umana, penso sia uno di quelli che abbia contribuito a rispondere a una buona dose di interrogativi sul perché è successo.

L’Olocausto nazista ha causato la morte 15-20 milioni di persone. “Non erano sei?”, vi starete chiedendo. Dai 5 ai 6 milioni furono gli ebrei sterminati; nei campi di concentramento erano presenti però anche i prigionieri di guerra, gli zingari, gli omosessuali, i malati di mente, i portatori di handicap e gli esponenti di gruppi religiosi.

I medici nazistiCon “I Medici Nazisti” Lifton si propone di indagare il comportamento di quei medici che condussero degli esperimenti all’interno dei campi di concentramento e che, in molti casi, portarono alla morte non soltanto di ebrei, ma anche di altri prigionieri, considerandoli niente più niente meno che cavie da laboratorio. È un’analisi diversa e alternativa, ma altrettanto interessante, focalizzata sugli avvenimenti che spinsero questi uomini a calpestare valori e morale per mettere in atto la distruzione e il massacro dell’essere umano.

Quali sono i meccanismi mentali che permisero ai medici nazisti di alleviare il proprio senso di colpa? Possiamo parlare di schizofrenia o sdoppiamento della personalità quando pensiamo al medico in quanto uomo/mostro?

Questi sono i temi principali affrontati nel libro di Lifton edito da Rizzoli per la prima volta in Italia nel 1988. Alcune delle testimonianze che l’autore riporta sono quelle delle lettere scritte dal dottor Friedrich Mennecke a sua moglie e inviate dai campi di concentramento. Il filo conduttore della corrispondenza era costituito dalla spaventosa unione tra entusiasmo professionale e partecipazione all’omicidio.

Lifton spiega che l’annientamento della sensibilità umana era diventato una parte importante del – come lo definisce l’autore – “Sé omicida”, che si separava in modo più o meno totale dal resto del Sé nel processo di sdoppiamento della personalità. L’adesione all’idealismo dello Stato tedesco si alternava a quella che i medici chiamavano “L’altra situazione”, quella che fomentava dentro di loro un gran senso di sporcizia.

Lo sdoppiamento dei medici nazisti era quello che Lifton definisce un vero e proprio “Baratto Faustiano”: in cambio del suo contributo all’eccidio il medico riceveva dei benefici materiali che contribuivano al suo inserimento in una posizione privilegiata.

Molti sono gli aspetti che ripercorrono il fattore dello sdoppiamento, unica medicina per sopravvivere senza venir annientati dai sensi di colpa. Lo psichiatra e scrittore li descrive al lettore attraverso un linguaggio semplice ed esaustivo, ma allo stesso tempo tecnico e professionale.

Interessante è anche il paragone tra lo sdoppiamento della personalità sviluppato dai medici nazisti e quello sviluppato dai prigionieri dei campi di concentramento, l’uno proiettato verso il male e l’altro verso lo sviluppo di atteggiamenti altruistici e solidali nei confronti dei compagni.

“I Medici Nazisti” è arrivato nel 2010 alla sua quinta ristampa e nel 2009 Robert Jay Lifton ha partecipato alla realizzazione del documentario di Wolfgang Ritcher, “Nazi Doctors”, che analizza e approfondisce i temi del libro omonimo.

È un libro che consiglio di leggere per avere una visione più chiara e completa sui meccanismi psicologici, sociali e storici e che hanno portato questi uomini a compiere gesti così amorali. “Un Patologico Raziocinio” è il nome che scelsi di dare anni fa alla mia tesina di maturità, che analizzava proprio gli argomenti di questo testo.

Che sia stato “Patologico” lo si può capire anche subito dopo aver varcato la soglia di Auschwitz e Birkenau. Sembra quasi di captarlo, l’annientamento della ragione, la sua trasformazione in qualcosa di anormale, privo di qualsiasi contatto con la realtà.

E l’unica arma che abbiamo per combatterlo è il ricordo.

“Se questo è un uomo” – Primo Levi

Voi che vivete sicuri
Nelle vostre tiepide case,
voi che trovate tornando a sera
Il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo
Che lavora nel fango
Che non conosce pace
Che lotta per un pezzo di pane
Che muore per un sì o per un no.
Considerate se questa è una donna,
Senza capelli e senza nome
Senza più forza di ricordare
Vuoti gli occhi e freddo il grembo
Come una rana d’inverno.
Meditate che questo è stato:
Vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
Stando in casa andando per via,
Coricandovi alzandovi;
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
La malattia vi impedisca,
I vostri nati torcano il viso da voi.