Non ricordo come, dove e quando incontrai questo libro. Probabilmente lessi qualche anticipazione su qualche giornale o più probabilmente il primo racconto su qualche rivista. Poi è probabile che presi il libro in biblioteca e ne rimasi deluso. Ma quel primo racconto, signore e signori, è un capolavoro.

(Lo so, come incipit è un po’ vago, sembra l’accordo iniziale di Wakefield, ma ormai è andata così).

Quel primo racconto di questa raccolta della scrittrice israeliana Yehudit Katzir s’intitola: Schlaffstunde, letteralmente: “l’ora del pisolino”. È un racconto di 25 pagine circa ed è un racconto perfetto. Gli altri invece non sono nemmeno degni di risiedere tra le pagine del medesimo volume.

Del resto di raccolte di racconti perfetti o di perfette raccolte di racconti ne conosco solo due. Finzioni e Bestiario. Se ne conoscete altre fatemi sapere. Perché tutte le raccolte hanno alti e bassi. Anche Bukowski, anche Čechov, anche Hemingway, anche Gogol’, anche Carver, anche la Munro o la Paley, tutti.

Questa raccolta invece ha un alto e tre bassi. Ma quell’alto è sicuramente nella classifica dei dieci migliori racconti di tutti i tempi.

(Vi sta venendo voglia di leggerlo?).

Anche Nabokov, uno che di letteratura qualcosa sapeva, basti leggere le sue Lezioni di letteratura o le Lezioni sul Don Chisciotte, aveva una sua classifica dei migliori racconti di tutti i tempi. Diceva tra l’altro che i racconti più belli non sono stati scritti in Inghilterra, né in Russia, né tanto meno in Francia, bensì in America.

La sua personale classifica la trovate nell’articolo scritto per «Saturday Review» del 20 Novembre 1972, poi inserito nel volume che raccoglie alcune delle sue interviste, lettere ai direttori, articoli e scritti sui lepidotteri: Intransigenze (Adelphi, 1994).

Punto.

(Lo so, sarebbe sadico lasciarvi così, come coloro che son sospesi)

Quindi il catalogo è questo:

1) John Cheever, Il marito di campagna
2) John Updike, La volta che sono stato più felice
3) John Bath, Perso nella galleria del luna park (pare che chiamarsi John aiuti a scrivere buoni racconti),
4) Herbert Gold, Morte a Miami Beach
5) Delmore Schwartz, Nei sogni cominciano le responsabilità
6) J.D. Salinger, Un giorno ideale per i pesci banana (già il solo titolo è da top ten)

Ecco quindi un consiglio d’autore per un editore che volesse pubblicare un’antologia di racconti americani, la scaletta è già bell’e fatta.

Ma torniamo alla nostra Katzir.

Nel settembre del 1992 si preannunciava l’imminente uscita di questo libro, come dovesse essere una rivoluzione d’Ottobre. La pubblicità della casa editrice Mondadori presentava Yehudit Katzir come la prima voce femminile della letteratura dei Grossman, Amos Oz e Abraham Yesoshua: quattro racconti sotto l’accattivante titolo Le scarpe di Fellini, per la collana Omnibus.

Purtroppo, almeno in Italia, quella voce ha repentinamente taciuto, e non abbiamo potuto leggere nient’altro di questa autrice, il cui capolavoro per noi rimane appunto Schlaffstunde.

Il primo periodo di questo racconto è di ben 21 righe. E dentro ci sono le quattro stagioni: c’è il gusto della sabbia e il profumo dell’uva delle vacanze d’estate rischiarate da un sole di rame, dopo la Festa delle Capanne si alza il vento e cominciano i temporali estivi, forti acquazzoni le cui gocce penetrano la lingua di menta dei pini, corse di bambini sotto la pioggia, mentre i cani abbaiano a gara come zii che tossiscono nell’intervallo di un concerto invernale e poi la primavera all’improvviso, con gli urli dei gatti e i limoni in fiore;

dentro c’è un viaggio in autobus e la paura dei bambini per la signora Bella Blum della Posta, una pericolosa-ruba-bambini, che sfiora il viso in inopportune carezze con dita secche e gelate, e solo dandole tutti i francobolli a triangolo ci si può salvare dalle sue grinfie;

dentro c’è Dio, che si traveste da pagliaccio del Circo Ungherese, e si dondola con un’asta di equilibrio sulla corda tesa sotto il tendone azzurro, con scarpe enormi da clown e pantaloni bragaloni a quadri bianchi e rossi, finché poi non si traveste da elefante, mostra il suo enorme rugoso didietro e se ne va a cena…

Tutto questo nel primo interminabile periodo, da leggere e rileggere tutto d’un fiato a perdifiato. Finché il vento che si era alzato nell’incipit non ritorna alla fine del racconto, sorgendo improvvisamente dal mare.

Nel frattempo di queste 25 pagine i bambini che correvano sotto la pioggia sono diventati adulti e camminano fianco a fianco fino alla vecchia Posta, dove una vecchina curva con un viso grinzoso afferra la manica della protagonista, è di nuovo la signorina Bella Blum della Posta, senza che nelle tasche ci siano i francobolli a triangolo, lasciapassare per ammansire la sua follia, talismani contro il malocchio e il malaffare, obolo per oltrepassare indenne la pagina successiva…

…ma il vento dispettoso le toglie il cappello dalla testa, lo fa rotolare sul vialetto mentre lei gli corre dietro tra le tombe del cimitero vicino, di lapide in lapide in una breve prosaica nuova Spoon River e ancora corre la vecchina, corre fino ai margini del foglio, corre fino all’ultima riga, fino all’ultima parola, corre fino alla fine del racconto, salta la parola FINE come fosse uno steccato e se ne va.

Yehudit Katzir
Le scarpe di Fellini
Mondadori
1992