I peggiori criminali del nostro tempo precede L’assassinio come una delle belle arti, che a sua volta è uno dei più bei titoli della letteratura di sempre. Storie di assassini e ladri e criminali, in questo libretto che si legge come si ascolta la ballata di Jesse James di Woody Guthrie o Bonnie & Clyde di Steve Wynn o l’intero album Pat Garrett & Billy the Kid di Bob Dylan.

La storia di Daniel Defoe è più avventurosa di quella di Robinson Crusoe, che alla fine dei conti era un puritano, un bigotto palloso e anche un razzista per come nel romanzo tratta Venerdì. Certo a quei tempi non ci si poteva aspettare nulla di diverso. Ci ha poi pensato Michel Tournier nell’ennesima Robinsonnade, nel suo Vendredi ou les limbes du Pacifique, a rivalutare la figura di Robinson. Attualizzandola e rendendola politically correct.

Che personaggio che è Daniel Defoe. È lui che inventa il giornalismo moderno e il romanzo realista (e lo fa per poter mentire meglio, nella sua veste di truffatore, pennivendolo e mondano). Viene più volte incarcerato, finisce in bancarotta e viene per due volte esposto alla gogna, un vero personaggio di un romanzo picaresco.

Sul finire della sua esistenza Defoe decide di scrivere i testi ora raccolti per la prima volta in questo libretto dell’editore Clichy, in un volume ben curato da Fabrizio Bagatti, con un minuzioso apparato di note esplicative. Sono cinque racconti scritti tra il 1724 e il 1729, tre dei quali ormai introvabili in italiano e due del tutto inediti nella nostra lingua.

I personaggi principali di questi resoconti sono due banditi: John Sheppard e Jonathan Wild. Attraverso i loro crimini e le loro vicende, minuziosamente descritte, Defoe riesce a ricostruire e a fotografare un momento chiave della società inglese: quello in cui alla figura del ‘bandito ribelle’ si andava sostituendo quella del ‘criminale moderno’, che crea attorno a sé una vera e propria associazione organizzata per delinquere.

Sheppard, come ce lo descrive Defoe, ha infatti ancora le caratteristiche del ladro che attira la simpatia popolare, incarnando il prototipo dell’eroe negativo che si ribella contro i feroci meccanismi della lotta di classe. Wild invece, come sottolinea anche Bagatti nell’introduzione, s’infiltra come un cancro nelle pieghe della legge e nelle zone grigie della pubblica morale, rappresentando agli occhi di Defoe, la prova dell’esistenza di un’organizzazione criminale invisibile quanto ramificata, che non si esaurisce più nella semplice caccia al mariuolo, ma diviene un problema sociale e politico.

Questi testi sono importanti anche per un secondo aspetto, in quanto documentano la nascita di una diversa maniera nella prosa narrativa. Defoe infatti non ha bisogno di inventare o di esagerare i fatti, ma partendo dalla propria vocazione giornalistica, s’accorge che i fatti superano la fantasia e che basta attenersi alla realtà effettiva degli avvenimenti accaduti per rendere la cronaca interessante per il popolo. Raggiungendo così anche il proprio scopo, che era quello di educare l’opinione pubblica mostrando avvenimenti che servissero da ammonimento morale.

In fondo Defoe compie lo stesso percorso intrapreso per creare il personaggio di Robinson. Quest’ultimo infatti deriva da Alexander Selkirk, vissuto per quattro anni e quattro mesi su di un’isola deserta, che Defoe probabilmente incontra (così come farà il giornalista Richard Steele che intervistò Selkirk, scrivendo poi un famoso articolo sulla sua avventura apparso su The Englishman) e da cui si farà raccontare la storia che diviene il romanzo realista Robinson Crusoe. Allo stesso modo procede nei confronti di Wild e Sheppard, per rielaborare le loro storie.

Defoe infatti li va a trovare in galera, segue i loro processi e i resoconti delle loro malefatte. È il nobile antecedente di A sangue freddo di Truman Capote, che inaugura il ‘romanzo verità’ e il ‘romanzo criminale’ e se vogliamo, in un certo qual modo, anticipa anche il noir e le detective stories, prima di Edgar Allan Poe, Arthur Conan Doyle e Wilkie William Collins, prima di James Ellroy e compagnia bella.

Per concludere, citiamo ancora Fabrizio Bagatti che nelle pagine introduttive scrive che: «Questi racconti di vita criminale rappresentano quindi uno dei molti tasselli della nascita del romanzo moderno e la loro importanza è pari alla loro assoluta godibilità di classici».

p.s. da sottolineare, quale nota di colore, come questi testi siano inseriti nella collana Père Lachase, dal nome del celebre cimitero parigino, ma non certo a sottolinearne il loro valore decadente o il loro essere scritti estinti e privi di vita. L’editore ci tiene a sottolineare che si tratta invece di un luogo di memoria storica, culturale, monumentale, di culto anche pagano, nel quale trovano posto autori fondamentali della letteratura mondiale.

Daniel Defoe
I peggiori criminali del nostro tempo
Traduzione di Fabrizio Bagatti
Edizioni Clichy, 2015