Immaginate di vivere in una metropoli dell’est degli Stati Uniti nella prima metà del Novecento. Immaginate di essere una giovane donna povera, maltrattata, e di avere la pelle nera. Immaginate infine di avere un dono incredibile: una voce potente e al contempo incredibilmente delicata, grazie alla quale poter sgretolare le vostre insicurezze ed essere superiori al disprezzo di cui molti vi ricoprono.

Vi immedesimerete totalmente nel personaggio di Billie Holiday, che ho conosciuto nelle ultime settimane grazie alle pagine della sua autobiografia, scritta a quattro mani con William Dufty (Editore Harlem Moon).
Ho voluto leggere questo testo in lingua originale, per non perdere nemmeno un briciolo dell’autenticità per cui l’artista divenne famosa.

A chiunque non sappia cosa siano jazz e blues, Billie fornisce una lezione magistrale. A coloro che amano fino al midollo questi generi musicali, regala un invito dietro le quinte dei suoi spettacoli, ma soprattutto della sua vita.
Un’esistenza percorsa per tutta la sua durata da un unico filo: la lotta. Lady Day combatté fin da bambina contro molte forze: la fame, gli uomini, la droga, la stampa, il sistema giudiziario, ma soprattutto contro una cultura incoerente e opportunista, che la insultava e la umiliava in quanto nera e al tempo stesso riempiva i teatri per godere del suo talento.

Conoscere le vicende vissute dalla Gardenia Bianca della musica (la gardenia era il fiore che portava tra i capelli in occasione delle sue esibizioni) porta a comprendere in maniera più profonda l’America stessa. Si tratta di un fiore nato senza dubbio da un terreno inospitale. Ma Billie purificava con la sua anima i luoghi che visitava. Un bordello non era più un ambiente squallido, se tra i suoi muri si potevano ascoltare i dischi di Louis Armstrong e Bessie Smith, inesauribili fonti di ispirazione.

Grazie a questo libro è possibile accompagnare l’artista nelle sue performance, dalle prime apparizioni al Log Cabin di Harlem alla tournée in Europa, passando in rassegna una serie di nomi sacri per la storia musicale. Si tratta di un vero e proprio viaggio nei sentimenti di un’epoca.

Le descrizioni sono ricche di dettagli ed emozioni e sanno coinvolgere il lettore, che ha l’impressione di essere davvero presente nelle situazioni narrate, quasi di essere parte della storia.
Si sviluppa spontaneamente una notevole empatia. E il racconto a mio avviso più toccante, quello che mette a nudo l’artista in tutta la sua umanità, riguarda la sua battaglia più grande: quella per l’amore, in tutte le sue forme. Un amore più volte perduto, fieramente difeso, sempre cantato, con dolore o gratitudine, con straziante emozione.

Non è necessario essere appassionati di musica per apprezzare “Lady sings the blues”. Non si tratta di un’apologia, di uno sfogo, ma di una preziosa confidenza, che merita di essere accolta e tramandata.

Autori: Billie Holiday e William Dufty
Titolo: Lady Sings the Blues
Editore: Harlem Moon
Anno: 2006